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Sostenibilità del credito: perché i punteggi ESG non dicono tutto

24 Nov 2020
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La presente pubblicazione è rivolta unicamente alla clientela professionale, ai consulenti finanziari e agli investitori qualificati. Da non divulgare e usare come riferimento per i clienti privati.

L’idea a lungo diffusa tra gli investitori suggeriva la necessità di scegliere tra i fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) e la performance, come se una possibilità escludesse l’altra. Di fatto, la performance e i fattori ESG possono essere considerati come un gruppo di chiavi attaccate allo stesso portachiavi: entrambi contribuiscono a sbloccare il valore.

“Il mercato sta iniziando a vedere la performance ESG nell’ottica di una correlazione positiva con la performance finanziaria e a pensare ai criteri ESG come a un fattore di potenziamento dei rendimenti anziché come qualcosa che richiede un compromesso”, afferma Richard Butters, analista ESG di Aviva Investors.

Tuttavia, non tutti i parametri ESG sono uguali. Alcuni rappresentano i principali rating sintetici, mentre altri sono incentrati su un aspetto specifico. Per confondere ulteriormente le acque, ogni fornitore di rating usa una metodologia diversa, che determina una bassa correlazione tra i rating che presumibilmente misurano la stessa cosa.

“Per fare un esempio, alcune banche europee sono classificate da Sustainalytics tra i leader in termini ESG, ma si classificano nella media secondo MSCI. Diverse agenzie analizzano parametri diversi o applicano pesi diversi ad elementi che ritengono importanti per il settore e per società specifiche”, spiega Demi Angelaki, Global Liquidity Portfolio Manager di Aviva Investors.

La qualità dei dati ha ancora molta strada da fare

Rispetto al reporting finanziario tradizionale, le informative concernenti i fattori ESG non sono altrettanto approfondite, né coerenti tra le società.

“Se si dovesse creare una tabella con i parametri ESG da monitorare per un particolare settore e la si collegasse al bilancio dell’esercizio finanziario più recente, in alcuni casi verrebbe inserito solo il 20-30% di questi parametri”, spiega Butters.

Tuttavia, la qualità e la disponibilità dei dati stanno migliorando, grazie alla normativa o a una maggiore consapevolezza. Poiché i rapporti sulla sostenibilità in genere offrivano pochi dettagli, le società adesso includono parametri, obiettivi, descrizioni dei progressi e indicatori chiave di prestazione, i cosiddetti KPI.[i]

Il reporting ESG ha ancora molta strada da fare per quanto riguarda lo sviluppo di principi contabili di base per la sostenibilità. Se le società non divulgano i dati ESG, i proprietari di attivi non saranno in grado di generare rapporti precisi sul profilo ESG delle proprie partecipazioni.[ii] L’aspetto incoraggiante è che gli standard di reporting ESG stiano iniziando a convergere, il che dovrebbe fornire maggiore chiarezza alle società che preparano i rapporti e agli investitori.[iii]

I rating ESG sono utili anche come punto di riferimento per l’analisi delle credenziali di sostenibilità di una nuova società, per la ricerca sul credito e per consentire confronti tra prodotti nel reporting dei clienti.

Un buon punto di partenza

L’utilizzo di un punteggio esterno consente inoltre ai team di ricerca di approfondire la conoscenza della metodologia e dei relativi limiti.

“Disponiamo del nostro punteggio quantitativo ESG, ribattezzato Elements, che incorpora diversi indicatori specifici per settore e tipo di società e integra i fattori ESG. Una volta ottenuto il punteggio Elements, passo all’esame del rapporto MSCI della società per vedere se si palesano problematiche ESG specifiche. Da qui posso procedere a un ulteriore approfondimento”, spiega Alessandro Rovelli, Senior Credit Research Analyst per Aviva Investors.

Non sempre i rating ESG influiscono direttamente su un rating di credito, ma comprendere i rischi e le opportunità ESG aiuta gli analisti del credito a formulare una valutazione olistica di una società. Ad esempio, se un’azienda ha un’esposizione al carbonio maggiore rispetto a quella delle omologhe e viene annunciata un’imposta sulle emissioni di carbonio, l’impatto sui suoi utili e sul suo bilancio può essere valutato con precisione.

Altri rischi sono di tipo molto più qualitativo e difficili da stimare. Ad esempio, gli effetti di una controversia nella filiera di una società possono estendersi dalla gestione dei danni al marchio alla realizzazione di un programma completo di revisione delle politiche, dei controlli e delle prassi, cosa che comporta costi significativi.

“Gli analisti del credito si concentrano maggiormente sui flussi di cassa e sui bilanci, mentre i rapporti MSCI e le analisi del team ESG si concentrano sui criteri ESG, in particolare sulla governance, che è un elemento cruciale. Questo incide in modo considerevole sulle nostre decisioni di investimento. Inoltre, il team ESG prende parte al voto in occasione delle Assemblee generali annuali delle società, pertanto si trova nella posizione ideale per collaborare con i gestori del portafoglio per l’analisi e l’individuazione di eventuali problematiche”, afferma Rovelli.

Video contro istantanea

Un altro importante aspetto dell’analisi è la capacità di guardare alla dinamica delle prassi ESG di un’azienda, diversamente dalle istantanee retrospettive fornite dai punteggi esterni.

“Quando un analista ESG esegue una valutazione completa di una società, indica un giudizio puntuale (positivo, neutrale o negativo) e un giudizio sulle tendenze, siano esse in fase di miglioramento, stabili o in fase di peggioramento. Inoltre, il nostro sistema di punteggio proprietario incorpora una prospettiva della velocità di variazione”, afferma Butters.

Il giudizio sulle tendenze è utile perché, nel caso di una società con solide credenziali ESG, gli analisti del credito e i gestori di portafoglio possono concentrarsi su altre aree a meno che la situazione non inizi a peggiorare.

Per contro, nel caso di società con punteggi ESG deludenti, si potrebbe considerare possibilità di detenere comunque il titolo, sia perché la valutazione compensa il rischio, il che è giustificabile in un portafoglio non SRI, o perché si presenta una forte tendenza al miglioramento.

“Vi sono situazioni in cui si investe in una società perché si mira a sfruttare il miglioramento nel tempo. In tal caso, ci si concentra più sulla dinamica che sulle caratteristiche di un momento preciso”, osserva Butters.

L’incontro con il team di gestione di una società fornisce un quadro d’insieme qualitativo cruciale. Quando si chiede al management di parlare delle prassi ambientali e della relativa compensazione, ad esempio, Butters afferma: “Se la risposta mostra esitazione e utilizza banalità, questo mi indica che potrebbe esserci una mancanza di impegno. D’altro canto, se la risposta è determinata, se si parla di indicatori chiave di prestazione (KPI) e di come si inseriscono nel piano di compensazione, mi sento molto più fiducioso e posso inserirla nell’analisi”.

Individuazione delle discrepanze

Può anche essere utile sondare le aree o le società per cui vi sono differenze di giudizi ESG tra i sistemi di punteggio. Boohoo offre un ottimo esempio. Sebbene il punteggio ESG proprietario di Aviva Investors per la società fosse positivo, a dimostrazione del fatto che gli analisti possono arrivare solo fino a un certo punto con una semplice analisi basata sui parametri, la società si è classificata nella fascia centrale rispetto alle omologhe del settore a fronte dei rating ESG di MSCI, che avevano collocato Boohoo nella fascia più alta.

Tuttavia, il coinvolgimento con il team del management di Boohoo ha evidenziato forti preoccupazioni in merito alla governance, una valutazione condivisa con i team di investimento.

Volkswagen è un buon esempio nell’altro senso. Sebbene lo scandalo delle emissioni che ha travolto il gigante tedesco delle automobili alla fine del 2015 sarebbe stato impossibile da prevedere anche nel caso di incontri periodici con il management, poiché si trattava di una frode ben occultata, è interessante vedere ciò che è accaduto da allora.

“Quando è scoppiato lo scandalo, le sue obbligazioni si trovavano in una situazione difficile. Abbiamo deciso di mantenere le nostre posizioni, convinti che alla fine la società avrebbe trovato una soluzione”, spiega Rovelli. “In effetti, i prezzi delle obbligazioni hanno recuperato terreno entro 3-6 mesi e nel giro di 12 mesi sono state per lo più concordate sanzioni e liquidazioni, tracciando la linea di confine dell’importo che avrebbe dovuto pagare Volkswagen”.

Come rilevato grazie alla ricerca e al coinvolgimento, la società ha affrontato una notevole trasformazione, dalla strategia, con l’obiettivo di sostituire i veicoli diesel con i veicoli elettrici (EV), alla cultura aziendale.

“Vi sono ancora problemi di governance, ma sul versante ambientale Volkswagen è il maggiore investitore in EV e il secondo dopo Tesla in termini di produzione. Alla luce di ciò, abbiamo migliorato il suo credito e i suoi punteggi ESG”, aggiunge Rovelli.

Per contro, sebbene il rating ESG di MSCI per Volkswagen sia passato da BBB prima dello scandalo a CCC dopo lo stesso, tale rating resta invariato nonostante i cambiamenti attuati dalla società. Questo rating dipende dal flusso di notizie, per cui MSCI riduce il punteggio ESG di Volkswagen ogni volta che arrivano notizie di sanzioni o di liquidazioni.

“Questo è ingiusto, in quanto il punteggio dovrebbe dare atto della trasformazione della società, del miglioramento dei suoi conti e delle credenziali ESG, nonché della probabilità che questo miglioramento continui”, sostiene Rovelli.

Cosa stiamo cercando di misurare?

Valutare le credenziali ESG risulta più complicato che evitare le società con punteggi deludenti. Per i manager attivi che prendono sul serio le proprie responsabilità di gestione e coinvolgimento, esiste una certa logica nell’avere esposizione alle società sottoperformanti per impiegare la propria influenza al fine di migliorare le prassi ESG.

Inoltre, i portafogli dominanti hanno obiettivi per sovraperformare il proprio benchmark, il che richiede ai gestori di essere pragmatici ed equilibrare i rischi ESG con le opportunità di rendimento. D’altro canto, i clienti sono sempre più esigenti riguardo ai miglioramenti della sostenibilità nei propri portafogli.

“Di solito, penso a loro dal punto di vista dei risultati, ma per una strategia destinata ad essere allineata con particolari obiettivi di sviluppo sostenibile, la chiave diventa la valutazione di impatto di una società”, conclude Butters.

[i] “Climate data: Seeing through the fog”, Aviva Investors, 28 febbraio 2020. https://www.avivainvestors.com/en-gb/views/aiq-investment-thinking/2020/02/climate-change-data/

[ii] Robert Van Egghen, “Brussels considers EU-wide standards to improve ESG reporting”, Ignites Europe, 19 ottobre 2020.

[iii] Michael Cohn, “Big Four firms release ESG reporting metrics with World Economic Forum”, Accounting Today, 23 settembre 2020. https://www.accountingtoday.com/news/big-four-firms-release-esg-reporting-metrics-with-world-economic-forum

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