il segnale lanciato dalla compagnia tedesca

Voli Lufthansa? Paghi la transizione

1 Lug 2024
Editoriali Companies & CSR Commenta Invia ad un amico
Il gruppo tedesco ha annunciato un incremento di tariffe per pagare i costi che dovrà sopportare per allinearsi ai vincoli climatici. In questo modo, ha contabilizzato l'onere della transizione, e spiegato apertamente che il sistema dovrà pagare la propria parte

I costi della transizione cominciano a piovere dal cielo nelle tasche delle persone. La scorsa settimana, un annuncio di Lufthansa ha probabilmente ufficializzato un nuovo scenario della sostenibilità. Ovvero, la presa d’atto di due aspetti: il primo è che è il momento di contabilizzare gli oneri della trasformazione sostenibile del modello socio-economico; il secondo è che diventa necessario trovare una strada per condividere questi oneri tra i diversi soggetti del sistema. La condivisione, infatti, appare inevitabile, stante la dimensione dei costi di transizione, talmente elevati che appare impensabile siano le sole aziende coinvolte ad attutire il colpo. Le conseguenze, al contrario, arriveranno in modo diretto su clienti e risparmiatori attraverso i rincari di prodotti e servizi. Ma ancora maggiori si prevedono le conseguenze indirette, ossia i costi che saranno a carico del sistema, lato pubblico e lato privato, che finiranno per colpire in modo generalizzato.

IL RINCARO DEI CIELI

La compagnia tedesca ha annunciato un supplemento di prezzo per i suoi biglietti, destinato a coprire parte dei costi aggiuntivi in costante aumento dovuti ai requisiti normativi in materia ambientale (dal carburante agli scambi sul mercato delle emissioni).

Il supplemento per i costi ambientali si applica a tutti i voli venduti e operati dal Gruppo Lufthansa in partenza dai 27 Paesi dell’Ue, nonché da Regno Unito, Norvegia e Svizzera. L’importo del supplemento varia a seconda della rotta e della tariffa del volo, ed è compreso tra 1 euro e 72 euro. Il supplemento per i costi ambientali sarà applicato a tutti i biglietti emessi dal 26 giugno 2024 e si applicherà alle partenze dal 1° gennaio 2025.

GLI STRANDED ASSET

Lufthansa ha davvero aperto una strada? Senz’altro ha utilizzato modalità trasparenti e chiare. La prospettiva di gravi perdite future, legate al cambiamento degli scenari e del business, dovrebbe già essere integrata nei piani industriali di molteplici settori. E, forse, qualche riflesso già si è percepito nei prezzi di beni e servizi. Ma è piuttosto chiaro che queste perdite future sono ancora assai lontane dall’essere contabilizzate come “certe” o “altamente probabili”, come avvenuto nel caso del vettore tedesco.

L’esempio più pesante è quello dei cosiddetti “stranded asset” nel settore del petrolio. Ossia, quell’insieme di attività delle aziende che sono destinate a una pesante svalutazione, nella prospettiva di un mondo costretto alla sostenibilità. Si pensi che in qualche manciata di anni, la stima di un azzeramento di valore riguarda il 60% delle attuali riserve di oil & gas, e il 90% delle riserve di carbone (asset che dovrebbero essere chiusi per rispettare gli obiettivi climatici Onu definiti a Parigi).

Data l’attuale ancora tangibile dipendenza dai combustibili fossili, le riserve di petrolio e carbone mantengono un loro valore. Ma ci sarà un momento in cui l’effetto Lufthansa si allargherà anche ad altri settori. E, molto probabilmente, l’effetto domino sarà molto accelerato.

UN COSTO DI SISTEMA

Dunque, chi sopporterà questo collasso, su chi peseranno i costi? Lufthansa ha adottato una trasparenza innovativa anche su questo aspetto: ha parlato chiaro, spiegando che «il gruppo aereo non sarà in grado di sostenere da solo i costi aggiuntivi sempre più elevati derivanti dai requisiti normativi dei prossimi anni».

Dunque, tornando all’esempio dell’oil, è possibile che prima o poi anche i prezzi alla pompa registrino un’impennata, impattando in modo significativo su chi ha mantenuto auto alimentate con motori a scoppio. Ma è anche assai probabile (più probabile) che gli impatti maggiori saranno indiretti e generalizzati.

LA BOMBA IMMOBILIARE

Si prenda un altro esempio, quello del settore immobiliare. Secondo una ricerca di Deepki, si può già parlare di una “stranded asset time bomb” nell’ambito degli edifici commerciali: secondo una ricerca presentata un paio di settimane fa, già oggi la quasi totalità dei gestori real estate intervistati ritiene di avere oltre il 30% di immobili senza valore. E la metà dei rispondenti aggiunge che tra il 20 e il 40% dei proprio ptrimonio immobiliare diventerà stranded asset nel giro di tre anni.

Questo buco diventa una voragine se si allarga al contesto delle abitazioni civili. Nella prospettiva della direttiva cosiddetta delle “green house”, approvata in  aprile dal Consiglio europeo, l’Italia si trova con un patrimonio abitativo da sistemare in 8 casi su 10. Con una spesa di ristrutturazione che un recente studio di Deloitte stima tra gli 800 e i 1.000 miliardi di investimenti.

È una voragine che inghiotte le famiglie. Ma, assieme a loro, rischia di inghiottire anche le banche che su quel patrimonio sono esposte con i mutui. Non solo si profila un innalzamento dei coefficienti di rischio nei bilanci bancari, ma, secondo Deloitte, si potrebbe arrivare a una «limitazione nell’erogazione del credito, con una stretta sulla vendita di prodotti finanziari associati a immobili con alti consumi energetici, alcuni dei quali diventeranno non più affittabili». Infine, c’è il tema di una possibile revisione delle regole Ue per le maggiori banche, che potrebbe «avere un maggior impatto per quelle italiane, visto il contesto sistemico peggiore rispetto agli altri Paesi».

Insomma, non si rischia solo di trovare un rincaro consistente dall’oggi al domani. Ma anche di rischiare crisi di sistema, con costi indotti prevedibilmente superiori.

Da qui l’importanza di mettere nero su bianco, sin da oggi, i costi che le aziende si aspettano. Metterli nero su bianco nei propri budget pluriennali. Ma anche nero su bianco nel prezzo di un biglietto aereo. In questo modo, magari qualcuno storcerà il naso. Magari altri eviteranno di volare Lufthansa. Ma, intanto, si comincia a condividere il problema e a creare una coltura comune: un mondo più green ha un costo. E non si possono fare sconti.

 

 

 

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