Usa, scoppia la “guerra” sui biofuel credit
L’Epa, l’agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente, ha deciso di eliminare la speculazione sul mercato del credito dei biocarburanti (biofuel credit) escludendo dalle negoziazioni gli operatori non industriali, riducendo le concentrazioni dei crediti nelle mani dei grandi operatori e migliorando la trasparenza sui prezzi. A rivelarlo in esclusiva è stata Reuters, la scorsa settimana. Secondo la normativa americana, approvata nel 2005, le raffinerie devono riservare determinati volumi di produzione ai biocarburanti, o acquistare crediti per un ammontare equivalente dai produttori di biofuel. L’industria del fossile lamenta da tempo un’eccessiva vulnerabilità del mercato dei crediti, soggetto a speculazioni che hanno causato significativi aumenti dei prezzi. Ai sensi delle nuove norme, operatori terzi come banche e istituzioni finanziarie, che non fanno parte della filiera produttiva del carburante, non saranno più autorizzati a negoziare biofuel credit. Sarà inoltre prevista una disclosure sui crediti per gli operatori che abbiano superato un certo ammontare detenuto, e una scadenza trimestrale (invece che annuale, come prevede la normativa attuale) oltre la quale i biofuel credit posseduti da un operatore dovranno essere ceduti. Le misure, incluse in una più ampia riforma voluta dall’amministrazione Trump, hanno lo scopo di aiutare i produttori di petrolio a far fronte ai costi di conformità con gli standard sui combustibili rinnovabili. La notizia arriva in contemporanea alla nuova accusa mossa da Advanced biofuels association (Abfa), l’associazione nazionale dei produttori di biocarburante, che nell’ambito di un ricorso al tribunale federale, avviato lo scorso anno, accusa l’Epa di aver concesso esenzioni dall’acquisto dei crediti (previste nel caso di difficoltà finanziarie) a molti produttori petroliferi senza che questi ultimi rispettassero i requisiti per ottenerle.
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