Essere un whistleblowers è una questione da “duri”. Lo spiega il working paper “How Organizations Use Mental Health To Discipline Whistleblowers and Undermine their Message“, realizzato da Marianna Fotaki, della Warwick Business School, e da Kate Kenny, della Queen’s University Belfast (è possibile chiederne copia scrivendo a ashley.potter@wbs.ac.uk).
Le ricercatrici hanno esaminato 25 casi di lavoratori del Regno Unito che hanno denunciato casi di malaffare nelle proprie organizzazioni come banche, servizi di cura o di approvigionamento. La legge britannica protegge i whistleblowers da ritorsioni o comportamenti colpevolizzanti, eppure emerge un quadro piuttosto negativo: i denuncianti hanno perso il lavoro, oppure hanno sofferto episodi di bullismo, isolamento e molestie, mentre alcuni sono stati costretti dalla loro azienda a prendere consulenza per la salute mentale. Si parla anche di casi di ritorsioni contro il coniuge, che lavorava presso la stessa banca, ed è stato licenziato.
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