chiarire gli equivoci, integrare gli esg, puntare sul mercato
Tre passaggi per investire Sri
Ci sono almeno tre passaggi chiave per valutare l’opportunità di una strategia di investimento “responsabile”. Il primo è fare chiarezza sugli equivoci che hanno accompagnato la finanza Sri fino a oggi. Inoltre, secondo punto, è necessario trovare una strada operativa per integrare i fattori environmental social e governance (Esg) nell’analisi degli investimenti. Infine, terzo aspetto, è importante tenere presente quanto il diffondersi del rispetto dei parametri suddetti sia esso stesso un driver di mercato, e quindi un elemento capace, oltre che di migliorare l’ambiente e il sistema sociale in cui viviamo, anche di condizionare i prezzi dei titoli.
Chiarire gli equivoci
Una delle ragioni per cui la finanza Sri ha richiesto anni per affermarsi, è stata la percezione errata che investire in modo responsabile ridurrebbe l’universo investibile, avendo così un impatto negativo sulle performance e, per conseguenza, violando il fiduciary duty del gestore di massimizzazione dei rendimenti. Sotto questo profilo, la prima considerazione è che molti studi dimostrano come l’integrazione dei fattori Esg incrementa la protezione downside e aumenta le opportunità di upside di un investimento, e che in ogni caso migliora le caratteristiche rischio-rendimento di un portafoglio. Già questo pone la strategia Sri in linea con il dovere fiduciario del gestore che, in questo modo, adotta semplicemente un approccio più completo nel valutare gli asset. Inoltre, c’è una seconda considerazione da fare. Le strategie Sri non si limitano all’esclusione di alcune società dall’universo investibile (riducendolo), bensì puntano sempre di più a individuare quali società abbiano una buona performance Esg. Dunque, si sta passando a un approccio assai più integrato e ampio, e che non necessariamente limita le opportunità. Oggi, peraltro, il trend è quello di avere dei team di ricerca Esg che appoggiano con report specifici l’analista “mainstream”. Ma, in prospettiva, l’industria adotterà un passo ulteriore di assimilazione dell’analisi Esg, rendendola parte integrata dell’analisi e dei processi (oggi) “tradizionali”.
La strada operativa degli Esg
Del resto, integrare l’analisi con valutazioni Esg è un esercizio complesso, e richiede una conoscenza approfondita delle tematiche affrontate. Gli investitori utilizzano diverse strade per tener conto dei fattori environmental, social e governance. Si può, per esempio, agire attraverso uno dei modelli tradizionali, quello del discounted cash flow (dcf). Il fattore da aggiustare è il tasso di sconto (tds). L’assunto è che società con un basso score Esg abbiano un più alto profilo di rischio, e dunque richiedano l’applicazione di un maggiore tds. E che, viceversa, sia possibile un minore tds per le società con un buon posizionamento Esg. Per questo metodo ci sono due aspetti critici. Il primo è l’ampiezza dell’aggiustamento del tds. Di quanto va modificato, 25, 50 o forse anche 150 basis point? Poiché gli studi su questo aspetto sono ancora piuttosto limitati e senza conclusioni univoche, l’ampiezza dell’aggiustamento è una decisione arbitraria. Il secondo aspetto critico è la possibilità di una doppia imputazione. Se una società ha un alto profilo di rischio, come conseguenza anche di relativamente bassi fattori Esg, e questo è già ampiamente conosciuto dal mercato, significa che la situazione è già scontata nel valore del titolo (attraverso un ampio beta, ammesso che funzioni il “capital asset pricing model”). In questo caso, aggiustare il tds alla luce del basso score Esg, si tramuta in una doppia imputazione del rischio. Di conseguenza, l’applicazione del dcf appare tanto utilizzabile quanto più i fattori Esg sono difficilmente traslabili in aspetti finanziari standard, e quindi non conoscibili dal mercato, come possono essere le questioni di governance.
Un altro sistema piuttosto utilizzato per la valutazione delle società è l’analisi dei multipli. Quando si considerino rapporti come il price/earnings o il price/book multiples, si può aggiustare il moltiplicatore in base agli score Esg. Dando un premio ai multipli obiettivo di aziende con alti fattori Esg e, viceversa, scontando i multipli target di quelle peggio posizionate. Questo metodo ha lo stesso problema dell’aggiustamento del tds: l’arbitrarietà.
Appare una strada migliore, per integrare i fattori Esg, quella di agire sui flussi di cassa futuri (fcf) di una società. Si prenda il caso di Bp dopo il disastro nel Golfo del Messico: l’evento ha inciso sulla capacità produttiva, ma anche sui costi di riorganizzazione e sicurezza. Discorso simile per il settore dell’abbigliamento in seguito alla tragedia di Dacca in Bangladesh nel 2013, che ha alzato i costi della catena di fornitura. Pari valutazioni possono riguardare l’industria mineraria in alcune regioni con scarsità di risorse idriche. Uno dei vantaggi di questo metodo è che costringe l’investitore a un’analisi approfondita delle problematiche con rilevanza materiale per l’azienda. Certo, è chiaramente difficile stimare l’effetto sul cash flow di eventi ad alto impatto e bassa probabilità come un disastro petrolifero o umanitario. Per giunta, è difficile anche quantificare su base monetaria elementi su cui non c’è un mercato che fa il prezzo, come le questioni di governance. Detto ciò, l’integrazione degli Esg nei fcf appare un buon punto di partenza per la discussione e l’approfondimento, poiché le assunzioni di partenza sono più chiare che per l’aggiustamento del tds.
L’effetto mercato
C’è, infine, un altro aspetto da considerare nell’affrontare un investimento Sri. E cioè le spinte prospettiche del mercato in direzione di fattori che migliorino la qualità della vita e la sostenibilità del sistema. Sempre più fondi pensione, per esempio, si sono dati target di riduzione delle emissioni di Co2 per le società in cui investono. Lo stesso si può dire per l’utilizzo di acqua o l’ammontare dei rifiuti
Queste dinamiche hanno un fondamento tecnico. Ovvero, se una società dimostra di riuscire a utilizzare in maniera più efficiente le risorse scarse come l’acqua, o a convogliare in maniera più efficace i propri scarti (Co2 inclusa), dà un’indicazione di buona capacità di gestione del rischio e di potenziale migliore profittabilità.
Nello stesso tempo, oltre al fondamento tecnico, il fenomeno va considerato come trend di mercato. Gli investitori previdenziali o assicurativi che spostano capitali verso gli Esg generano dinamiche di prezzo “responsabili”: la domanda di asset a basso contenuto di Co2 si alza, mentre si riduce quella di asset a elevata emissione. Perciò, il posizionamento su titoli con alto score Esg, mentre auto-alimenta lo spostamento del mercato verso le tematiche responsabili, consente di essere pronti (e quindi di non rimanere spiazzati, ma di goderne gli effetti) al riequilibrio degli investimenti in quella direzione.
di Jeroen Bos, Head of equity specialties at NN Investment Partners, membro del Board della CFA Society in Olanda
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