Transparency, industria Difesa ancora esposta a corruzione
L’industria della Difesa migliora il suo impegno contro la corruzione, ma ci sono ancora ampi spazi di miglioramento. Secondo la ricerca pubblicata in questi giorni da Transparency International Uk, il 33% delle aziende analizzate nel Defence Companies Anti-Corruption Index 2015 ha apportato dei miglioramenti ai loro programmi etici e anticorruzione dal 2012 ad oggi. Tuttavia, scrive una nota di Transparency «l’industria della difesa nel suo complesso ha ancora molta strada davanti a sé».
Il Defence Companies Anti-Corruption Index 2015 è un indice che misura la trasparenza e la qualità dei programmi etici e anticorruzione di 163 aziende in 47 Paesi. Ogni azienda si posizione all’interno di una delle 5 categorie, dalla A (migliore) alla F (peggiore), sulla base delle informazioni pubbliche disponibili. 42 aziende hanno scalato almeno una categoria in classifica dal 2012. Un altro terzo delle aziende ha mostrato qualche miglioramento.
«La corruzione nel settore della difesa ci riguarda tutti. Non è solo una questione di commissioni sulla vendita, la corruzione può minacciare direttamente la vita di cittadini e dei soldati» dichiara Mark Pyman, direttore di Transparency International Uk Defence and Security Programme. «Le aziende che sono migliorate indicano la strada verso una maggior trasparenza in un settore generalmente ancora molto opaco».
Aziende provenienti da Brasile, Finlandia, Francia, Germania, Israele, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Corea del Sud, Sudafrica, Spagna, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti sono salite di almeno una categoria.
Circa un quarto delle aziende non ha alcun programma anticorruzione.
Katie Fish, autrice del report, dichiara che «c’è ancora molta strada da fare. Due terzi delle aziende analizzate in questo studio (36 in più rispetto all’analisi condotta nel 2012) hanno mostrato deboli sforzi per adottare programmi etici e anticorruzione. Tra queste vi sono aziende provenienti dai principali Paesi produttori di armi».
Sulla base delle informazioni disponibili pubblicamente, spiega la nota, solo 8 aziende hanno attivato meccanismi di whistleblowing che incoraggiano le segnalazioni. Solo 13 aziende conducono con regolarità attività di due diligence sui propri agenti.
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