Tecnologie a basse emissioni, la spinta delle aziende
Nei prossimi 10 anni, secondo la Iea (International energy agency) serviranno 21 trilioni di dollari di investimenti in tecnologie a basse emissioni di carbonio per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Almeno il 10% di questa cifra, sottolinea uno studio di Bosting Consulting Group (Bcg), dovrà provenire da investitori privati quali venture capitalist (Vc), società di private equity (Pe), aziende con divisioni per il capitale di rischio (Cva) e istituzioni finanziarie.
L’analisi del Center for Growth and Innovation Analytics di Bcg “Private Investors Must Commit as Much as Eight Times More to the Low-Carbon Economy” che ha stimato l’impatto negli ultimi cinque anni degli investitori privati e il loro ruolo nei prossimi anni. Lo studio ha preso in considerazione sia collocamenti privati che finanziamenti non-debt o garantiti da azioni e ha calcolato che dal 2016 al 2021 gli investitori privati hanno contribuito con quasi 160 miliardi di dollari di capitale, con un aumento costante ogni anno. Ma non è abbastanza per gli obiettivi climatici prefissati, per i quali bisognerebbe arrivare a 470 miliardi di dollari entro il 2030 e quindi investire un importo otto volte maggiore di quello del 2021
I capitali degli investitori privati, infatti, sono fondamentali per supportare le start-up e le aziende in fase di crescita coinvolte nello sviluppo di tecnologie innovative. «Per raggiungere gli obiettivi climatici prefissati, però, non sarà sufficiente aumentare il volume del capitale investito. Il raggiungimento di questi obiettivi richiederà anche un reindirizzamento degli attuali investimenti in tecnologie più mature verso una nuova combinazione di tecnologie, sia mature che emergenti», spiega Elisa Crotti, Managing Director e Partner di Boston Consulting Group.
L’attuale ecosistema di tecnologie a basse emissioni di carbonio ne comprende 13, classificate in base al livello di maturità. Le tecnologie mature sono quelle già presenti sul mercato in misura significativa (veicoli elettrici, stoccaggio di energia, biocarburanti, energia solare, eolica e nucleare) mentre quelle emergenti sono ancora in fase sperimentale. Eppure, secondo l’International Energy Agency, è da loro che dipende più di un terzo delle riduzioni dei gas serra. Possono essere riassunte in:
- Idrogeno, che ha un grande potenziale per ridurre le emissioni se usato come combustibile per i trasporti e/o per i processi industriali.
- Cattura e stoccaggio del carbonio (CCUS).
- Monitoraggio del clima.
- Tecnologie bimodali, ossia tecnologie mature che però continuano a essere innovate, per esempio i biocarburanti a base di metanolo, ammoniaca e cherosene per l’industria aeronautica e navale.
Oltre il 90% degli investimenti si è quindi rivolto esclusivamente a tecnologie mature.
CHI INVESTE IN TECNLOGIE LOW-CARBON EMERGENTI
Seppur lentamente, il capitale destinato alle tecnologie emergenti sta crescendo, soprattutto grazie a venture capital e Private equity, ai quali si devono quasi i due terzi degli investimenti privati complessivi, mentre le aziende con divisioni per il capitale di rischio (Cva) e le istituzioni finanziarie rappresentano, rispettivamente, meno del 30 e del 10%. Ma i dati suggeriscono che anche le aziende con divisioni per il capitale di rischio stanno iniziando a diversificare i loro investimenti in tecnologie innovative in vari settori chiave, da quello automobilistico all’elettronico, fino al petrolio e al gas: per esempio Total, che l’anno scorso ha investito nel produttore di autocarri pesanti a idrogeno Hyzon Motors, o a Siemens Energy, che ha contribuito a finanziare Liquid Wind, società svedese che ha sviluppato una tecnologia per combinare CO2 e idrogeno verde per produrre E-metanolo. Trend che fanno ben sperare per i prossimi anni.
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