il workshop del salone dello sri tra consulenti e asset manager
Sri, palla al centro per le mandanti
La finanza Sri, in Italia, è una tavola di chiaroscuri. Le barriere sono determinate, in alcuni casi, dalla scarsa “formazione”, in altri, da un’eccessiva “over-confindence” che vede i consulenti guadare senza una guida precisa le acque dell’offerta Sri (Socially responsible investment).
La riflessione su sviluppi e limiti dell’investimento tricolore è stata oggetto il 18 novembre scorso, nell’ambito del Salone Sri 2016, del primo workshop organizzato da EticaNews e Anasf (Associazione nazionale promotori finanziari) in cui è stata presentata la ricerca “Prodotti Sri, il coinvolgimento consulente-cliente”. Da una parte sono emerse le responsabilità delle mandanti e delle associazioni. Dall’altra, l’importanza della spinta che arriva dalle società di gestione del risparmio.
LANCIARE LA PALLA AVANTI
Un primo spunto è stato offerto dall’analisi dei numeri affidata ad Anasf, in cui si è tracciata una linea netta tra collocazione dei prodotti e competenze dei consulenti. «Il consulente tende a “collocare” solo i prodotti che conosce», ha detto Gianfranco Giannini Guazzugli, vicepresidente dell’associazione, «ma la clientela, se stimolata sul tema, in genere ha una reazione positiva e vuole saperne di più». «È qui – ha continuato Guazzugli – che il consulente si rende conto di non potersi inserire in un contesto che non conosce». Ed è sempre qui che si aprono le due vie da percorrere: quella dell’informazione e quella della formazione. La prima si può delegare alla stampa specialistica, che ha intuito la direzione verso cui si muovono sostenibilità, ambiente e governance. Ma la seconda, la formazione, si inserisce in un discorso più complesso, in cui giocano un ruolo di primo piano le mandanti. Non manca poi l’ennesimo richiamo a una politica che sembra non aver colto la portata rivoluzionaria recata in dote dallo Sri. «Abbiamo salutato tutti con interesse il varo dei Pir – ha affermato Giannini Guazzugli – E non a caso questi strumenti godono anche di una fiscalità favorevole. Ebbene qui dobbiamo fare fronte comune, perché questo riconoscimento arrivi anche per lo Sri». Il motivo è presto detto: la fiscalità non può essere l’unico input «ma potrebbe egevolarne la diffusione».
Anche fondazioni e associazioni di settore hanno però una responsabilità che grava sulle loro spalle. Il presidente di Efpa Italia (European Financial Planning Association), Aldo Varenna, intervenendo nel workshop, ha sottolineato l’importanza di «lanciare la palla avanti, avere l’ambizione di fare qualcosa prima che il settore intero lo percepisca». Una consapevolezza data, in questo caso, dalla lettura delle tendenze e soprattutto, delle aspettative del mercato. Come declinare questo ragionamento nel mondo della consulenza finanziaria? «Andando a cercare le eccellenze e cercando di stimolare l’industria su quelli che sono gli esempi positivi», è la risposta di Varenna, che fa anche un passo in avanti nella direzione di responsabilizzazione delle case madri, dei consulenti e del cliente finale.
LA SPINTA DEGLI ASSET MANAGER
Da un lato hanno il potere di influenzare le società su cui investono, dall’altro operano su un tasto più intimo, che è quello del sentire comune, delle persone e, in ultima analisi, dei governi. Gli asset manager incidono sulla direzione del mercato attraverso queste due direzioni. Ed è qui che entrano in gioco equilibri e meccanismi legati a governance, engagement e best practices esposte con chiarezza da Laura Nateri, country head Italia di Aberdeen, la quale si è soffermata sulla complessità connessa al mondo Esg: «Non esiste una definizione univoca – ha sottolineato Nateri – ci possono essere private banker che vogliono ottenere specifici obiettivi e introducono ulteriori filtri (sia esclusivi sia inclusivi) ma anche asset manager che stanno creando i propri rank. E questo aumenta la complessità». Per questo motivo «occorre fare attenzione a non cadere nella trappola delle etichette e delle classificazioni». Nateri focalizza la sua analisi sulla terza lettera dell’acronimo collegato alla sostenibilità, quella G che sta per «governance» e che, nell’indagine presentata nel secondo panel del workshop “What a good governance means to us at Aberdeen: from country to company”, propone di classificare i Paesi non più «tra sviluppati e in via di sviluppo, ma tra Paesi con un grado di governance adeguata o meno».
Nicola Trivelli, amministratore delegato di Sella Gestioni, si spinge oltre riguardo all’azione che può essere esercitata dagli asset manager: «La finanza ha una forza di indirizzo pazzesca – ha affermato – se riusciamo a convogliare asset finanziari nel mondo Sri, indirettamente influenziamo non solo le aziende ma anche i governi». Per questo motivo, il discorso si allarga a una definizione in qualche modo liquida del socially responsible investment, che include anche la finalità non solo remunerativa (quella chiaramente espressa dai ritorni finanziari) ma anche quella etica. È qui che entra in gioco il ruolo dell’impact investing come elemento di attrazione dei risparmiatori. «Se i clienti sanno di cosa stiamo parlando – ha detto Trivelli – nel momento in cui scoprono una buona gestione del rischio e impatti sociali positivi, sono ancora più motivati». È questa visione che ha fatto matutare le prospettive dell’asset manager: «Abbiamo capito che, di anno in anno, potevamo inserire nuovi fattori: da quelli esclusivi (tabacco) a quelli inclusivi (aziende virtuose) fino a creare il primo fondo italiano Impact lanciato lo scorso anno», ha affermato Trivelli.
Lo sguardo esterno al panorama italiano è stato affidato, invece, a Wolfgang Pinner, responsabile del team Sri di Raiffeisen Capital Management. «Il mercato austriaco ha il 6,3% degli investimenti in fondi sostenibili al momento ma è un mercato che sta crescendo rapidamente anche in Italia», ha detto Pinner facendo diretto riferimento al recente rapporto Eurosif, presentato in apertura di Settimana Sri a Roma. «C’è stato un progresso per quanto riguarda diverse asset class – ha proseguito – In particolare la raccolta obbligazionaria è cresciuta del 60% solo lo scorso anno. Io credo che sia un primato fondamentale per il mondo Sri ed Esg, perché si tratta di investimenti che racchiudono un doppio dividendo: sia quello fiscale sia un dividendo che riguarda altre dimensioni, come quelle ecologica e sociale». Il tema “green” è, poi, fondamentale per l’esperienza Raiffeisen, che ha focalizzato il suo intervento nel workshop sul mondo dei green bond e sulle potenzialità degli investimenti attraverso cui si può influenzare positivamente il clima.
Raffaela Ulgheri
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