Webinar della Ue Platform on Sustainable Finance
Social Taxonomy, presentato report finale
«È importante per noi spiegare agli investitori lo scopo primario della normativa, ovvero quello di creare una guida in cui sono definiti gli investimenti sociali, utile a capire i criteri che dovrebbero essere applicati se si volesse creare o investire in prodotti finanziari con obiettivi sociali». Queste le parole di Nathan Fabian, chief responsible investment officer del Unpri (Principles for Responsible Investments delle Nazioni Unite) e membro della Platform on Sustainable Finance, come introduzione al webinar di presentazione del report finale sulla Social Taxonomy organizzato dalla Psf. Durante l’evento, a cui hanno partecipato diversi esperti del settore finanziario, delle aziende e dei sindacati, Fabian ha evidenziato che una tassonomia delle attività socialmente sostenibili aiuterebbe a prevenire l’uso di «sistemi già esistenti, ma meno sviluppati, nella valutazione degli investimenti socialmente utili, prevenendo così il “social-washing”».
VERSO LA JUST TRANSITION
A concentrarsi sulle questioni prettamente tecniche del documento verso il Regolamento sulla Social Taxonomy, è intervenuta Antje Schneeweiss, membro del Psf e segretario generale del gruppo di lavoro Church Investors Group della Chiesa Evangelica in Germania (Ekd), che prima di tutto ha voluto sottolineare il recepimento da parte del Psf della maggior parte dei commenti e suggerimenti al documento del primo draft sulla Social Taxonomy uscito a luglio 2021. Gli intervistati, infatti, per quanto riguarda la prima bozza della normativa, avevano espresso la preoccupazione che l’introduzione di una tassonomia metodologicamente diversificata da quella “green” avrebbe aumentato i costi operativi di reporting per le aziende, per i providers dei servizi finanziari e per gli investitori. «Il report finale della proposta della Social Taxonomy – ha spiegato Schneeweiss – è stato adattato per essere integrato nel migliore dei modi alla struttura della green taxonomy. Crediamo infatti che il modello utilizzato sia una solida base su cui costruire una tassonomia sociale che rafforzi la tassonomia ambientale. Sullo sfondo delle crescenti disuguaglianze nelle nostre società, ulteriormente aggravate dalle crisi sanitarie e climatiche, l’introduzione della tassonomia sociale a completamento della tassonomia ambientale aiuterà a dirigerci verso la “just transition”».
DALLE DUE DIMENSIONI AI TRE OBIETTIVI
Ciò significa che alle dimensioni, “orizzontale” e “verticale”, precedentemente proposte, è stata preferita un’unica struttura contenente tre obiettivi, ognuno dei quali si rivolge a un diverso gruppo di stakeholder:
- Lavoro dignitoso, in tutta la catena di valore (lavoratori);
- Standard di vita adeguati e benessere (consumatori);
- Comunità e società inclusive e sostenibili (comunità).
Schneeweiss ha specificato che per ciascuno dei tre obiettivi saranno definiti e implementati degli specifici sotto-obiettivi in cui le diverse attività socialmente sostenibili saranno inserite, un processo che ancora deve essere implementato. «Il sub-group di lavoro del Psf, specializzato nella Social Taxonomy – ha riferito Schneeweiss – ha utilizzato diverse fonti normative per cercare di promuovere gli stessi obiettivi e evitare che si potessero creare dei problemi di “comunicazione” tra i diversi regolamenti». Infatti, la bozza finale cercherà di riflettere i requisiti di rendicontazione richiesti nelle diverse normative che andranno a completare il quadro proposto dall’Action Plan on Sustainable Finance, come la Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd), la Sustainable Finance Disclosure Regulation (Sfdr), la Directive on Corporate Sustainability Due Diligence (uscita la scorsa settimana) e ovviamente la “Green Taxonomy”.
A partecipare al webinar anche Victor van Hoorn, executive director di Eurosif, che durante il suo intervento ha sottolineato come gli investitori sono sempre più alla ricerca di opportunità che riescano a rispondere ai valori sociali, come è stato dimostrato dalla crescente domanda di social bond negli ultimi anni. «Gli investitori hanno sempre sostenuto che le aziende non riescono a divulgare le informazioni riguardo ai progetti e ai rischi di natura sociale necessarie a spiegare il perché di un determinato investimento – ha ribadito van Hoorn – una problematica che la Social Taxonomy riuscirà a supplire». «Inoltre – ha aggiunto il direttore Eurosif – le questioni sociali stanno diventando e diventeranno sempre più interessanti per gli investitori che però ne vorranno capire l’impatto sul processo di una just transition. Grazie alla Social Taxonomy sarà possibile usufruire di dati più chiari e comparabili».
I PROSSIMI STEP
Secondo la Psf, la Commissione europea pubblicherà il report finale di risposta a questa prima bozza durante i prossimi mesi di quest’anno. Se da parte della Commissione ci sarà una risposta positiva di procedere al recepimento della proposta, i prossimi step della Social Taxonomy dovranno includere:
- il chiarimento delle salvaguardie minime;
- lo studio sull’impatto del Regolamento sui diversi stakeholder interessati;
- l’elaborazione dei sotto-obiettivi per ciascun obiettivo.
Inoltre, è stato ricordato che la Psf, ad oggi, sta ancora lavorando ai restanti criteri tecnici di screening per la tassonomia ambientale, attesi nelle prossime settimane, e alla possibile estensione del regolamento di una “Environmental Transition Taxonomy” (primo draft uscito a luglio 2021), in cui verrebbero incluse attività significativamente dannose (Sh) per la sostenibilità ambientale e attività senza alcun impatto significativo sulla sostenibilità ambientale, che hanno però la peculiarità di accelerare la transizione verso un’economia più sostenibile.
Pietro Menziani
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