gli elementi chiave e le tappe cruciali delle obbligazioni verdi
Si fa presto a dire Green Bond
Cosa si intende esattamente per Green Bond? Certo, si parla di obbligazioni legate in modo stretto alle questioni ambientali. Ma, tecnicamente, ci possono essere “50 sfumature di verde” spiega NN IP, ed è dunque bene cercare di delimitare al meglio l’universo di riferimento.
I Green Bond sono obbligazioni i cui proventi sono utilizzati, in via separata dal resto dell’attività aziendale, per obiettivi che hanno un impatto positivo sull’ambiente. E, in genere, l’emittente realizza report periodici sull’andamento di questi progetti finanziati con il bond.
Un aspetto importante riguarda il fatto che i Green Bond sono classificati pari passu con tradizionali bond senior non garantiti (brown bond). Ciò significa che gli obbligazionisti verdi hanno diritti sugli stessi asset sottostanti degli altri bond non garantiti.
In relazione ai fattori Esg, i Green Bond si focalizzano principalmente sulla prima lettera dell’acronimo, la “E”. Esempi di progetti finanziati dai proventi di Green Bond sono:
- Energie rinnovabili: investimenti in prodotti, servizi, infrastrutture che supportino lo sviluppo di combustibile rinnovabile o alternativo (vento, solare, biomasse, geotermia);
- Green building: studio, costruzione, ristrutturazione o acquisizione di proprietà con certificato verde (uso di materiali riciclati, luci ai Led, tecnologie di risparmio energetico);
- Prevenzione e controllo dell’inquinamento: prodotti, servizi o progetti che supportino la limitazione dell’inquinamento, sistemi di riciclaggio o gestione dei rifiuti che consentano una maggiore sostenibilità ambientale.
È utile avere anche un background sui Green Bond, il cui mercato, scrive sempre NN IP, è emerso nel 2009, quanto l’Unione europea ha adottato la direttiva Renewable Energy con i seguenti target al 2020:
- Un incremento al minimo al 20% della quota di energia rinnovabile nei consumi energetici della Ue;
- Una riduzione al minimo del 20% dei consumi di energia;
- Una riduzione al minimo del 20% nelle emissioni di gas serra.
Prima di questo passaggio istituzionale della direttiva Ue, la European Investment Bank aveva emesso il proprio “Climate Awareness Bond” nel 2007, che fu seguito dalla prima emissione di un Green Bond da parte della World Bank nell’aprile del 2009. Successivamente, nel 2010, il Network for Sustainable Financial Markets (una rete internazionale di professionisti, accademici e altri soggetti che ha l’obiettivo di migliorare l’integrità e l’efficienza dei mercati finanziari) ha varato la Climate Bonds Initiative per creare e sviluppare il mercato.
La principale trasformazione è arrivata nel 2014 con l’introduzione dei Green Bond Principles (Gbp) da parte della International Capital Market Association (Icma), nei quali per la prima volta emittenti e investitori si sono accordati su linee guida (volontarie). Questo passaggio ha portato a moltiplicare per quattro le emissioni nel 2014, poiché le imprese private sono entrate in quello che prima era interpretato unicamente come un mercato riservato a emittenti pubblici.