Shareholder Rights, Consob chiede sanzioni più alte
«Il completamento del processo di recepimento della Direttiva Shrd 2 rappresenta una tappa importante nel percorso di transizione intrapreso a livello europeo e nazionale verso un mercato dei capitali efficiente, integrato e soprattutto orientato ai temi della sostenibilità». Lo ha affermato Giuseppe D’Agostino, vice direttore generale della Consob, nella audizione del 6 marzo alla Camera dei deputati (XIV Commissione permanente, Politiche dell’Unione Europea), spiegando che le iniziative in corso o già adottate (dalla Dnf all’Action Plan) «testimoniano un mutato approccio verso la regolamentazione finanziaria».
Rilevando la generale idoneità dello schema di decreto ad assicurare il corretto recepimento della Shrd 2, D’Agostino ha sottoposto tre osservazioni allo schema di decreto: la prima riguardante l’apparato sanzionatorio; la seconda le sanzioni previste per le violazioni degli obblighi cui sono tenuti gli intermediari che svolgono la funzione di depositari dei titoli azionari; la terza le Pmi e la politica di remunerazione.
In particolare, la prima e principale riguarda l’apparato sanzionatorio. In particolare, D’Agostino ricorda che il disegno di legge di delegazione europea 2018 contiene, all’articolo 6, criteri specifici di delega per il recepimento della Shrd 2 e in particolare, con riferimento alle sanzioni amministrative per violazioni della Direttiva, prevede una forbice edittale (compresa tra 2.500 euro e 10 milioni di euro) entro la quale il legislatore delegato sarà chiamato a definire l’importo delle sanzioni. Tuttavia, non essendo a oggi intervenuta l’approvazione del richiamato disegno di legge, lo schema di decreto ha applicato il criterio generale previsto dall’art. 32 della legge n. 234/201226, che contempla la possibilità di comminare sanzioni amministrative pecuniarie solo nella misura compresa tra un minimo di 150 euro e un massimo di 150.000 euro. «L’applicazione dei predetti limiti edittali alla materia dei diritti degli azionisti di società quotate — afferma D’Agostino — risulta del tutto incongruente in un contesto normativo sanzionatorio, peraltro di derivazione prevalentemente europea, che richiede l’applicazione di misure sanzionatorie di entità più elevata, affinché le stesse possano essere considerate “efficaci, proporzionate e dissuasive”». Per tali ragioni la principale osservazione riguarda la necessità di adeguare l’impianto sanzionatorio previsto nello schema di decreto per le violazioni delle nuove disposizioni introdotte dalla Direttiva a quanto attualmente previsto dal Tuf per le sanzioni che vertono su materie analoghe. «Ciò è fondamentale — continua d’Agostino — per garantire un’omogeneità nel trattamento sanzionatorio di fattispecie simili. Si pensi, solo per fare un esempio, al fatto che, in base all’attuale testo dello schema di decreto, all’omissione delle comunicazioni in materia di adesione ai codici di comportamento in materia di governo societario sarebbe applicabile una sanzione pecuniaria fino a dieci milioni di euro ovvero,fino al cinque per cento del fatturato, mentre la violazione delle nuove norme sulla politica di remunerazione prevederebbe un massimo edittale di 150.000 euro. L’adeguamento dell’apparato sanzionatorio risulta inoltre necessario al fine di dotare i nuovi istituti introdotti dalla Direttiva di un efficace apparato di enforcement, proprio nell’interesse degli azionisti e del buon funzionamento del mercato nel suo complesso».
Per quanto riguarda le Pmi, invece, D’Agostino chiede di valutare l’esercizio dell’opzione prevista per le piccole e medie imprese dalla Shrd 2 in materia di relazione sulle remunerazioni. Tale opzione consiste nella possibilità di sottoporre la sezione della relazione sui compensi corrisposti nell’esercizio precedente a una mera discussione assembleare e non ad un voto consultivo. «L’esercizio di tale opzione — afferma — sarebbe infatti coerente con il trend normativo nazionale ed europeo di prevedere, fermi restando i necessari presidi di tutela dei risparmiatori, una disciplina semplificata e proporzionata per le Pmi».
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