cronache da salone.SRI 2024
Net Zero: il mercato chiede framework e dati consistenti
Il raggiungimento del net-zero è un viaggio lungo ma imprescindibile. Gli strumenti a disposizione degli operatori finanziari sono diversi, a partire dagli indicatori utilizzati per valutare la credibilità dei piani di transizione, i quali evidenziano un altro aspetto importante, ossia l’importanza della qualità del dato. È necessario disporre e fornire informazioni chiare e dettagliate in modo tale da garantire piena trasparenza all’investitore finale. L’attività di engagement si conferma un caposaldo del percorso alla decarbonizzazione.
Questi aspetti sono emersi nella conferenza di Msci dal titolo Net Zero: il ruolo del settore finanziario che si è tenuta il 19 novembre in occasione del salone.SRI 2024.
Ad aprire i lavori è stata Marion de Marcillac, Executive Director and Business Manager for Esg Climate Change Solutions di Msci, che dopo aver fatto una panoramica sull’attuale situazione del percorso verso il net zero si è soffermata sulle varie metriche messe a disposizione da Msci per calcolare la carbon footprint e la credibilità dei piani di transizione. A seguire si è svolta la tavola rotonda che ha visto la partecipazione di Armando Carcaterra, Responsabile Investment Principles & Support di Anima Sgr, Leonardo Meoli, Head of Sustainability Business Integration di Assicurazioni Generali, Paolo Manuelli, Head of Modello di Tutela & Esg di Bper e Gianluca Lonero, Head of Esg Integration and Active Ownership di Fideuram Asset Management Sgr.
Rivedi la conferenza dello scorso 19 novembre
INDICATORI E VALUTAZIONE DEI PIANI DI TRANSIZIONE
Nella sua presentazione di apertura, De Marcillac di Msci ha evidenziato che, nonostante gli obiettivi e gli impegni assunti da parte delle aziende (anche attraverso l’adesione a iniziative o alleanze quali Net Zero Asset Managers Initiative, Net Zero Asset Owner Alliance, Net-Zero Banking Alliance o l’applicazione del Net Zero Investment Framework), secondo quanto emerge dall’Msci Net-Zero Tracker non si è ancora verificata una riduzione significativa delle emissioni nell’economia reale.
L’esperta di Msci si è poi soffermata sulle diverse modalità per il calcolo della carboon footprint evidenziando che ogni metrica climatica risponde a domande diverse: tra queste la Carbon Emission misurata su scope 1-2 e 3, la Financed Emission, la Carbon Emissions Intensity che indica quante emissioni Ghg sto finanziando per ogni dollaro investito, la Production based intensity che indica invece qual è la carbon efficiency di un portafoglio per unità fisica prodotta, o la Waci.
Secondo de Marcillac, uno dei temi fondamentali del percorso verso il net zero è sicuramente la valutazione dei piani di transizione anche se risulta molto difficile capire quanto siano credibili i target che si sono poste le aziende in tutti gli ambiti di emissione. Ci sono diversi strumenti messi a disposizione da Msci utili allo scopo, come la Climate Target Scorecard, che consente di normalizzare e confrontare gli obiettivi climatici aziendali e valutare la credibilità dei piani di transizione verso il net zero, oppure l’indicatore Implied Temperature Rise (Itr) che stima l’allineamento delle aziende e dei portafogli di investimento a gli obiettivi internazionali per limitare il riscaldamento globale.
Un’attenzione particolare è stata rivolta al Net Zero Investment Framework (Nzip), concepito per offrire una guida agli asset owners e agli asset manager e per fornire una base su cui possano impegnarsi a raggiungere le emissioni nette zero e a definire strategie, analizzare l’allineamento e la transizione dei portafogli. Per raggiungere questi obiettivi, il quadro fornisce una scala di maturità a cinque livelli basata su sette criteri che aiutano gli investitori a valutare l’allineamento di un investimento con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Utilizzando gli Msci Climate Change Metrics, sono state mappate oltre 12.000 società quotate in borsa (comprese negli indici Msci World IMI e Msci Emerging Markets IMI), le quali sono state confrontate con la scala di maturità dell’allineamento Nzip. Ebbene la maggior parte non risulta allineata.
GLI ATTORI FINANZIARI A CONFRONTO
Durante la tavola rotonda si sono confrontati Asset Manager, Banche e Assicuratori.
Armando Carcaterra di Anima Sgr ha evidenziato come, guardando al panorama delle aziende, la strada verso il net zero è molto lunga in quanto esistono ancora molte realtà che non sono così avanti in questa strada di riduzione totale delle emissioni. Anima Sgr si propone con un prodotto Dark Green classificato articolo 9 Sfdr il cui universo investibile è composto solo da quelle aziende che hanno sottoscritto impegni di riduzione delle emissioni basati sulla iniziativa Sbti. «Quello della sostenibilità è un viaggio con varie tappe e non sarà un processo lineare, riteniamo che sia però un processo ineludibile».
Gianluca Lonero di Fideuram Asset Management Sgr, dopo aver elencato le varie iniziative a cui l’asset manager ha aderito, ha evidenziato l’importanza dell’engagement: «Naturalmente l’engagement collettivo ci consente di avere un peso specifico diverso nello stimolare le imprese nella messa in opera delle loro strategie di decarbonizzazione e per effettuare questi engagement utilizziamo un approccio definito nell’ambito di Iigcc che è l’Investor Expectations of Corporate Transition Plans, che identifica cinque aree di componenti chiave per misurare la credibilità dei piani di transizione». «La strategia di engagement ci permette di andare a stimolare le aziende ad attuare questi percorsi perché è anche nel loro interesse – ha proseguito Lonero -, si tratta di meglio posizionare le aziende nella transizione e questo naturalmente ci dà un ritorno in termini sia degli obiettivi sia del profilo di rischio/rendimento dei nostri portafogli».
La tavola rotonda è proseguita con Paolo Manuelli di Bper il quale ha sottolineato come «il dato principale per noi che operiamo nel mercato retail è l’interesse dell’investitore finale per l’investimento sostenibile» che attualmente, secondo quanto riportato da un’indagine Consob, riguarda il 50% delle famiglie di investitori italiani e oltre il 60% dei clienti nel segmento private. Tuttavia, pur essendoci un forte interesse agli investimenti sostenibili, «la clientela, soprattutto quella retail, non fa il passo successivo» con una quota significativa degli investitori italiani, circa un 40%, che manifesta qualche perplessità legata all’opacità del mondo degli investimenti sostenibili, «il quale richiede una maggior chiarezza e maggiori informazioni».
«Il nostro gruppo ha investito molto nel fornire informazioni chiare e trasparenti ai clienti sulla sostenibilità degli strumenti di investimento: nel momento in cui andiamo a proporre a un cliente un investimento decliniamo sempre l’investimento anche lato sostenibile, con il concetto della doppia materialità: quindi rappresentiamo al cliente sia il livello di rischio con lo scoring Esg, sia la componente impatto sui fattori di sostenibilità (come si posiziona quell’emittente sui 17 sdgs)».
«Nel mondo della sostenibilità dare un set informativo o un altro può fare la differenza nella tattica di investimento che io applico, e la stessa cosa vale per la sottoscrizione assicurativa – ha dichiarato Leonardo Meoli di Assicurazioni Generali -. Diventa sempre più importante essere sicuri di avere delle informazioni che siano consistenti, coerenti e storicizzate nel tempo». Sicuramente un supporto a questo scopo è dato dalla normativa comunitaria (Csrd). «La normativa è un elemento fondamentale, riconosco come molti che la normativa non è semplice e ha un costo importante però ha un elemento fortissimo di trasparenza».
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