Madri discriminate, cresce la distanza Nord Sud. E anche l’Europa inciampa

15 Mag 2017
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Diventano madri sempre più avanti negli anni (31,7 l’età media al parto), spesso sono costrette a rinunciare al lavoro e al tempo libero a causa degli impegni familiari (l’Italia occupa il penultimo posto per tasso di occupazione femminile nell’Ue a 28 Paesi) e di un welfare che non riesce a sostenere le donne che decidono di mettere al mondo un bambino. È questo il quadro che emerge daI rapporto “Le equilibriste: la maternità tra ostacoli e visioni di futuro” sulla condizione materna in Italia, diffuso da Save the Children.

La problematica dei diritti delle donne, peraltro, non si ferma all’Italia. Nei giorni scorsi, un approfondimento di Osservatorio Diritti ha evidenziato anche a livello europeo alcune criticità. In particolare, emerge come l’assegnazione di borse di studio continentali finisca per restare incagliata in paradossi burocratici, come la sospensione in caso di entrata in maternità, che rischiano di fare il gioco della disparità di genere.

Tornando al rapporto sull’Italia, i tre indicatori di cura, lavoro e servizi per l’infanzia della seconda edizione del Mothers’ Index (Indice della Madri) italiano sottolineano come la scelta di diventare madre nel nostro Paese possa pregiudicare la condizione sociale, professionale ed economica di una donna a seconda della regione nella quale viene messo al mondo un figlio. Dal Rapporto emerge, infatti, come ci siano degli squilibri regionali evidenti tra le regioni del Nord, più virtuose rispetto alle regioni del Sud, dove la condizione delle madri fatica a migliorare.

Infatti, il Trentino-Alto Adige (1°), anche quest’anno si conferma la regione “mother friendly” per eccellenza, seguita da Valle d’Aosta (2°), Emilia-Romagna (3°), Lombardia (4°) e Piemonte (5°). Emblematico il caso del Veneto, che rispetto allo scorso anno, sale di tre posizioni (dal 9° al 6° posto). È la Sicilia (20°) a registrare la performance peggiore a livello nazionale, preceduta da Calabria (19°), Puglia (18°), Campania (17°) e Basilicata (16°). Per quanto ci siano regioni, come quella siciliana, con un dato complessivo negativo, bisogna comunque sottolineare come altre abbiano invece evidenziato un abbassamento delle performance pur mantenendo delle posizioni medie, come Liguria (11°) e Toscana (8°) che perdono ben 3 posizioni rispetto al 2016 o la Puglia che ne perde due.

 

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