Lotta al climate change funziona per emulazione di quartiere
In uno studio pubblicato lo scorso luglio sulla Review of Environmental Economics and Policy (“Cooperation in the Climate Commons“), ricercatori dell’Università di Bologna, della Georgia State University (Usa) e della Princeton University (Usa) hanno fatto il punto dei numerosi esperimenti e contributi di ricerca che si sono accumulati negli ultimi anni sul tema della cooperazione per la gestione sostenibile dei beni comuni locali e globali, con un’attenzione particolare all’attenuazione dei cambiamenti climatici. Gli autori sono Stefano Carattini (Georgia State University, Usa), Simon Levin (Princeton University, Usa) e Alessandro Tavoni (Università di Bologna). Dai risultati emerge che i cittadini sono spinti a compiere azioni utili per l’ambiente quando la loro visibilità è alta a livello locale: un effetto a catena che moltiplica la diffusione dei comportamenti positivi fino a trasformarli in “norme sociali”. Non solo, aggiungono i ricercatori: questo meccanismo di azione dal basso può allargarsi fino a produrre trasformazioni su larga scala e arrivare ad influenzare anche gli accordi internazionali sul clima.
Come dimostrano le difficoltà che emergono quando si cerca di stabilire e far rispettare accordi a livello internazionale, non è semplice dare impulso ad azioni comuni per la lotta al cambiamento climatico. Per almeno due motivi: i benefici che derivano dal comportamento virtuoso di un singolo attore (che sia una persona o uno stato) vengono goduti anche da chi non ha adottato lo stesso comportamento, e l’effetto di questi benefici non è comunque immediato, ma andrà ad influenzare soprattutto le generazioni future.
«Un potenziale ancora poco sviluppato per superare questi ostacoli – suggeriscono i ricercatori – è quello delle azioni locali». Il comportamento delle persone è influenzato infatti dalle norme sociali che prendono forma intorno a loro: «come agiscono i vicini, i conoscenti, i colleghi, cosa succede e come si trasforma l’area in cui vivono». E questo vale anche per i comportamenti legati ai cambiamenti climatici, nonostante la dimensione globale del problema.
Alessandro TavoniClimate ChangeGeorgia State UniversityPrinceton UniversitySimon LevinStefano Carattinistudiericercheuniversità di bologna