Oltre il greenwashing, il "bene comune"
Lettera del consulente sostenibile
Mi chiedo: esiste un’etica di riferimento riguardo all’attività del Consulente finanziario? Quanti Consulenti finanziari, miei colleghi, si pongono lo stesso interrogativo? Intanto medito sulla etimologia del termine sostenibile: ciò che sta sotto e sostiene qualcosa che sta sopra. Se parliamo di persone, il “sotto” corrisponde a ciò che sta dentro l’uomo e cioè l’animo; il “sopra” è invece rappresentato dagli argomenti sostenuti. La sostenibilità sembrerebbe quindi riguardare la parte sotto, l’animo umano “dentro”, piuttosto che quella sopra che riguarda gli argomenti sostenuti.
Invece normalmente quando sentiamo parlare di sostenibilità, subito pensiamo al fattore climatico, e va bene; alla salvaguardia dell’ambiente, e va bene; all’ecologia nella produzione di beni, e va bene. Invece poco riflettiamo sul valore della sostenibilità nei rapporti umani, quelli che generano un benessere interiore, quello vero, sui quali potremmo fare qualcosa di concreto per costruirci una vita migliore, partendo semplicemente da noi stessi.
Nel caso del Consulente Finanziario, come si potrebbe qualificare il suo essere sostenibile?
Una risposta coerente vorrebbe che fosse una scelta ben radicata “sotto”, cioè nell’animo; ancor prima di consigliare professionalmente gli strumenti finanziari “arricchiti” da argomenti sostenibili, dovremmo costruirci “dentro” una base etica solida di appoggio che sostenga gli argomenti.
E un’altra domanda sorge spontanea: come possiamo essere sostenibili nel rapporto con il cliente?
Mi sembra evidente che la prima cosa che dobbiamo affrontare è proprio quella di “scegliere” di essere sostenibili “dentro”, altrimenti facciamo
fumo, come il “greenwashing”, e non sostanza; la seconda cosa è di costruire un rapporto sostenibile con il cliente, cioè un rapporto sostenibile per lui, ma anche, paritariamente, per noi Consulenti. L’obiettivo è di ottenere un risultato che sia, per entrambi, di soddisfazione. E che sia non solo di argomento finanziario ma anche, e non meno importante, “relazionale”. La terza cosa, che io chiamo del “dono”, è un’iniziativa che ha a cuore il benessere del proprio cliente a prescindere dal risultato finanziario esplicitato nella consulenza finanziaria che pure, e lo do per scontato, viene prestata professionalmente.
Mi vien da dire che è importante che il Consulente finanziario, nella sua valutazione a 360° nel campo finanziario, si occupi sì del PIL (Prodotto Interno Lordo), ma anche del FIL (Felicità Interna Lorda). Secondo Wikipedia, attraverso questo indicatore si tenta di calcolare il benessere della popolazione, il FIL appunto. I criteri presi in considerazione sono la qualità dell’aria, la salute dei cittadini, l’istruzione, la ricchezza dei rapporti sociali. «Gli ideatori di questo indice – si legge – non mirano ad una “retrocessione”, cioè non vogliono passare per anti-tecnologici o anti-materialisti, ma il loro programma punta a migliorare l’istruzione, la protezione dell’ecosistema e a permettere lo sviluppo delle comunità locali». E, aggiungo io, facendone in primo luogo una questione culturale.
Ecco, in questo modo il Consulente finanziario manifesta concretamente, avendo a cuore anche il FIL dei clienti, la scelta di mettere al centro della sua attività verso la clientela la sostenibilità, che si manifesta con un’attenzione particolare alla crescita anche degli aspetti umani, che, a ben vedere, poi serviranno a incrementare il FIL di una intera Comunità, dando il proprio personale contributo ad un progetto basato sul “Bene Comune”.
In conclusione, il Consulente finanziario può offrire momenti di benessere per il cliente e la sua famiglia oltre la specifica e professionale consulenza sugli strumenti finanziari.
E qui le scelte possono essere svariate e assolutamente personalizzabili da parte dei Consulenti finanziari.
Marco Rota
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