L'intervento di eAmbiente Group
La rendicontazione Esg verso il Piano di Sostenibilità dell’impresa
È noto che l’attribuzione di uno score ambientale, sociale e di governance (ESG) richiede, innanzitutto, una disclosure di informazioni non finanziarie che le imprese a più alta capitalizzazione sono tenute a rilasciare al mercato, diversamente dalle Pmi per le quali l’obbligo ancora non sussiste.
Inoltre, poiché i temi ESG hanno rilevanza diversa a seconda della dimensione dell’impresa e del settore industriale di appartenenza, è necessario pensare a criteri di ponderazione che tengano conto degli aspetti peculiari connessi sia alla struttura proprietaria sia alla dimensione operativa.
La pianificazione della Sostenibilità, di cui si trovano riferimenti in alcuni dei principali standard e linee guida a livello internazionale (es. ISO 26000 – GRI, Global Reporting Initiative – ISO UNI 9001/14001/45001), assume un andamento circolare che richiama il ciclo di Deming (Plan, Do, Check, Act) e poggia su alcuni valori essenziali: quello di una profonda conoscenza della propria impresa, di un confronto trasparente e strutturato con gli stakeholders più significativi e di una divulgazione chiara ed efficace tanto degli obiettivi raggiunti quanto di quelli che ci si pone per il futuro.
Gli elementi fondanti di un’efficace strategia di pianificazione della Sostenibilità risultano quindi essere essenzialmente due:
- ridefinizione del modello di governance: da uno basato quasi esclusivamente sul profitto ad uno capace di gestire in modo efficace e integrato anche gli aspetti economici, ambientali e sociali in un circuito virtuoso che finisce per premiare anche il profitto; questo richiede un impegno alla RENDICONTAZIONE dei dati, e quindi una loro governance chiara e tracciabile;
- comunicazione interna per creare consapevolezza e coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali ed engagement degli stakeholder esterni. Questo secondo aspetto è fondamentale in quanto sottolinea la necessità della corretta individuazione degli stakeholder le cui decisioni influiscono sul successo, la resilienza e la longevità dell’impresa nonché del loro empowerment.
Gap analysis: analisi di contesto
Il processo di integrazione della Sostenibilità che tiene conto di questi due elementi parte con un primo momento dedicato all’analisi del contesto, in cui il top management è chiamato a raccontare come la Sostenibilità venga declinata all’interno dell’organizzazione in termini di stato dell’arte e di scostamenti rispetto ad un modello di gestione ESG maturo.
Le suggestioni raccolte con l’intervista vengono successivamente approfondite attraverso questionari mirati alle tre aree di interesse ESG (Environmental, Social, Governance), formulati sulla base degli Standard GRI attraverso un approccio quali-quantitativo.
Dal punto di vista metodologico i questionari sono strutturati secondo alcuni elementi spesso concordati con le aziende:
- domande a risposta chiusa (si/no/non applicabile) abbinate alla richiesta di allegare la relativa documentazione di comprova;
- campo note per eventuali precisazioni e integrazioni utili a contestualizzare le risposte date rispetto ad aspetti peculiari del settore di appartenenza o del business;
- valutazione di tutti i documenti aziendali, di tutte le policy e di tutte le dichiarazioni, al fine di cogliere anche le manifestazioni meno formalizzate dell’impegno della società in termini di ESG governance;
- raccolta di dati quantitativi su base triennale al fine di ricostruire il percorso di evoluzione della Società e le strategie implementate;
- presenza di linee guida per il calcolo e il monitoraggio degli indicatori di consumi idrici, energetici, di materie prime e di produzione dei rifiuti ed emissioni.
- Le risposte ai questionari, suddivise sui tre pillars di riferimento, forniscono un quadro della maturità dell’organizzazione nella gestione dei temi ESG e della sua compliance rispetto agli standard di riferimento (Gap Analysis), e guidano la società nella valorizzazione dei suoi punti di forza e nell’individuazione delle opportune azioni di miglioramento.
A completamento di questa prima fase, il benchmarking rispetto ai concorrenti più interessanti del mercato di riferimento consente all’organizzazione di avere una visione completa della propria struttura e di mettere a preventivo gli investimenti più efficaci per la gestione sostenibile del proprio business.
Gli indicatori
Per garantire il buon esito di un percorso di Sostenibilità è fondamentale la strutturazione di un set di Kpi adeguato ed esaustivo che aiuti la società nel monitoraggio di anno in anno delle proprie performance nella gestione dei temi Esg.
Al fine di valutare il proprio grado di Sostenibilità le aziende possono utilizzare indicatori “lag” (ritardo) e indicatori “lead” (guida). Gli indicatori lag misurano in modo diretto e facilmente comprensibile i risultati finali di una determinata attività o iniziativa; forniscono tuttavia poche indicazioni sulle azioni da intraprendere, specialmente nel lungo periodo.
Gli indicatori di tipo lead, invece, sono maggiormente rivolti verso l’interno dell’organizzazione e supportano la funzione di monitoraggio fornendo informazioni sugli investimenti necessari e le azioni di controllo. Quest’ultima tipologia di indicatori fornisce quindi informazioni qualitative e quantitative fondamentali per individuare i punti di forza e di debolezza dell’azienda.
Entrambe le tipologie di indicatori, trattati da tutti i principali standard di rendicontazione, sono alla base della raccolta dati e della redazione di un Bilancio di Sostenibilità.
Per comunicare in maniera chiara e trasparente la Sostenibilità delle singole organizzazioni, è necessaria una visione globalmente condivisa di concetti, linguaggi e standard: la missione della Global Reporting Initiative (Gri) è di soddisfare questo bisogno, provvedendo alla creazione di un sistema credibile e attendibile per il Reporting di Sostenibilità, utilizzabile da organizzazioni di qualsiasi dimensione, settore o Paese.
La trasparenza rispetto alla Sostenibilità delle attività di un’organizzazione rappresenta un interesse primario per una vasta gamma dei suoi stakeholder, quali imprese, sindacati, organizzazioni non governative, investitori, esperti di amministrazione e finanza.
La Gri nel corso degli anni ha potuto contare sulla collaborazione di un ampio ventaglio di esperti appartenenti a queste e altre categorie di stakeholder che, attraverso una lunga serie di consultazioni, unite a esperienze pratiche, ha lavorato al miglioramento continuo del Reporting Framework sin dalla costituzione del Gri nel 1997. Grazie a questo approccio multi- stakeholder, il Reporting Framework gode di ampia credibilità presso una vasta gamma di portatori di interesse.
La rendicontazione si concretizza in una serie di informazioni e indicatori che da un lato riflettono i principali impatti – positivi e negativi – economici, ambientali e sociali dell’azienda, dall’altro rappresentano i temi in grado di influenzare in modo sostanziale le valutazioni e le decisioni degli stakeholder.
Le organizzazioni si trovano quindi di fronte a un numero elevato di argomenti che potrebbero dover essere inclusi nel report: i temi materiali sono infatti quelli rilevanti a tal punto da non poter essere esclusi dalla rendicontazione.
Oltre ai Gri Standards, che forniscono un quadro di rendicontazione Esg con indicatori specifici e spesso quantitativi, una serie di associazioni, Ngo e istituti di ricerca (Carbon Disclosure Project, Wwf e World Resource Institute) hanno collaborato per lo sviluppo dei Science Based Targets, ovvero un’iniziativa su base scientifica che definisce obiettivi (targets) oggettivi (science-based) rispetto al contenimento delle emissioni di effetto serra delle aziende.
Lo scopo generale dei Sbt corrisponde a quanto concordato dai paesi firmatari dell’Accordo di Parigi nel 2015 in occasione della Cop21: quello di impegnarsi affinché il riscaldamento globale non superi il limite assoluto di 2 ºC (o preferibilmente quello di 1.5 ºC) rispetto ai livelli pre-industriali.
Tale obiettivo si traduce nella definizione di una quota residua di emissioni climalteranti a livello mondiale che viene distribuita in maniera diversa a seconda dell’approccio metodologico e del settore industriale da cui proviene l’azienda che intende aderire all’iniziativa.
In altre parole, facendo propria la metodologia “absolute emission reduction”, le aziende che aderiscono ai Sbt per dimostrare il proprio intento di contribuire alla lotta al cambiamento climatico dovranno ridurre le proprie emissioni assolute del 45% entro il 2030 (rispetto alle emissioni del 2010) e diventare Net Zero entro il 2050.
In questo percorso virtuoso eAmbiente con il proprio Team tecnico, vuole arrivare ad una piena condivisione del Piano Industriale con il Piano Sostenibilità.
Gabriella Chiellino
Presidente eAmbiente Group
((Hanno collaborato Manfredi Vale, Federica Vazzola, Michele Spiro, Koldo Saez de Bikuna e Francesca Mazzoni)