ricerca per banca generali: come investono i Millennials?
La propensione Esg dello studente Bocconi
Si parla continuamente della generazione Millennials e della sua propensione alla sostenibilità. Ma, fino a oggi, l’analisi ha riguardato principalmente le abitudini di consumo dei giovani. Oppure, quando la ricerca ha valicato l’ambito finanziario, si è concentrata su domande qualitative, per estrapolare preferenze verso una certa tipologia di asset Sri rispetto ad asset tradizionali. Sul tavolo non è ancora apparso un tassello: il valore della propensione all’investimento Esg.
Il passo avanti arriva da una ricerca realizzata da Sda Bocconi per Banca Generali, intitolata “Finanza Sostenibile e Giovani: cosa c’è oltre il profitto?”, i cui risultati saranno presentati il prossimo 8 novembre al Salone dello SRI dal professor Francesco Perrini, direttore del Sustainability Lab di Sda Bocconi, e da Gian Maria Mossa, amministratore delegato di Banca Generali. Per la prima volta, si è cercato di quantificare l’elasticità agli Esg della propensione all’investimento dei Millennials. In parole più semplici, a misurare quanto pesa la variabile Esg nella scelta di un portafoglio per chi appartiene alla generazione nata a fine Millennio.
L’analisi ha riguardato gli studenti Bocconi iscritti ai corsi di finanza dell’ultimo anno di laurea specialistica. Ai quali è stato sottoposto in aula un questionario, raccogliendo circa 250 risposte. Alcune domande erano propedeutiche a verificare una conoscenza non superficiale delle dinamiche dell’investimento finanziario, e queste hanno dato un esito soddisfacente: il campione dei Millennials preso in considerazione dalla ricerca era perfettamente in grado di distinguere tra differenti combinazioni di rischio e rendimento di un investimento.
In un primo step, agli studenti sono state sottoposte differenti opzioni di investimento (alternativa tra il portafoglio A e il portafoglio B), accompagnate da informazioni su rendimento, rischio e composizione dei panieri. In un secondo step, quelle stesse opzioni sono poi state arricchite con l’introduzione di un’informazione aggiuntiva di sostenibilità: un rating Esg di MSCI simulato sopra o sotto la media.
Ebbene, il risultato chiave è che l’effetto del rating Esg positivo cambia, e di parecchio, la quota di soggetti pronti a scegliere un portafoglio. Questo accade quando l’opzione di partenza tra A e B vede rendimenti allineati, traducendosi in un 15% aggiuntivo di risposte a favore del fondo sostenibile. Ma, ancor più, accade quando l’opzione è tra due portafogli a rendimenti e rischi differenti. In questo caso, un upgrade di sostenibilità sul portafoglio con minor rendimento (e minor rischio) sposta un 20% di preferenze, segno che gli Esg sono premianti anche in caso di rendimento inferiore.
Questo differenziale di propensione del campione, peraltro, si ripete a prescindere dalla composizione. «L’effetto osservato – spiega Stefano Romito, del team che ha curato la ricerca – rimane costante anche stratificando la popolazione in base alle variabili anagrafiche, all’esperienza lavorativa, alle attività di volontariato, ed alla propensione al rischio». Il che rende ancora più solido il risultato.
I ricercatori del Sustainability Lab sottolineano che si tratta di un primo risultato, da prendere con cautela per le dimensioni del campione e la particolarità dello stesso (si parla di un segmento molto identificato). E su cui occorrerà lavorare, magari ampliando il sondaggio a tutti gli studenti della “specialistica”, se non, addirittura, portando l’esperimento sul piano reale: non portafogli teorici, ma investimenti veri.
Resta il fatto che i risultati vengono definiti «estremamente consistenti e robusti», e vanno in una direzione che era immaginata, ma non certa.
La direzione, invece, emerge in modo piuttosto chiaro: anche sul fronte finanziario, il fattore Esg si traduce in un’importante occasione di diversificazione dell’offerta, capace di attirare l’attenzione della generazione più ambita della storia.
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