In occasione della Giornata mondiale degli oceani, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha pubblicato un resoconto della salute dei mari italiani, monitorato e analizzato dall’istituto di ricerca del ministero della Transizione ecologica nell’ambito della Strategia Marina. La fotografia scattata è quella di un mare in sofferenza.
Sono 243 le specie identificate nei mari italiani, di cui il 68% è ormai stabile. Nelle aree vicine ai porti e agli impianti di acquacultura sono state rilevate 47 specie aliene rilevate negli ultimi anni, di cui 24 di recente introduzione. Per quanto riguarda la pesca, invece, emerge che il 75% degli stock ittici nel mediterraneo è sovrasfruttato, in calo dall’88% rilevato 6 anni fa grazie alla diffusione di pratiche più sostenibili. Sulle spiagge italiane è stata registrata una media di 400 rifiuti ogni 100 metri. Il 60% dei rifiuti è costituito da borse per la spesa, cotton fioc, posate usa e getta, cannucce, bottiglie. In alcune aree, anche i rifiuti spiaggiati che derivano dalle attività di pesca e acquacoltura sono molto abbondanti.
Nei fondali italiani si deposita più del 70% dei rifiuti marini, di cui il 77% è plastica. In alcune aree dell’Adriatico, si trovano più di 300 oggetti per Km2 e la plastica rappresenta più del 80%. Uno dei principali impatti dei rifiuti marini sugli organismi è rappresentato dall’ingestione della plastica. Nel Mediterraneo più del 63% di tartarughe marine ha ingerito plastica. Nel Mar Tirreno, più del 50% dei pesci analizzati e il 70% di alcuni squali che vivono in profondità hanno ingerito plastiche. Inoltre, in profondità, gli attrezzi da pesca, persi accidentalmente o deliberatamente abbandonati hanno un impatto sugli ambienti profondi perché intrappolano gli organismi e possono creare ferite o sradicarli, causando una progressiva degradazione dell’ambiente e impoverimento della biodiversità.
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