Report di portfolio.earth su 50 banche mondiali
Finanza, settore killer della biodiversità
I big della finanza continuano a investire in attività che minano gli ecosistemi e la fauna selvatica. La denuncia arriva con il report Bankrolling Extinction, prodotto da portfolio.earth, iniziativa guidata da esperti di finanza, economia e ambiente per comprendere meglio il ruolo dell’industria finanziaria nella distruzione della biodiversità. Come riportato dalla rassegna sostenibile di questa settimana (Et.Observer/ 237 – Industria finanziaria, pericolo per la biodiversità) si tratta del primo studio che tenta di quantificare i prestiti e le sottoscrizioni fornite da alcune delle più grandi banche del mondo alle aziende che operano in settori economici che, secondo i governi e gli scienziati, sono i principali motori della perdita di biodiversità.
La ricerca analizza le policy di 50 tra le maggiori banche di investimento a livello mondiale. Emerge come, nel 2019, questi soggetti finanziari abbiano fornito servizi a settori che hanno causato estinzioni di massa e perdita di biodiversità per 2.600 miliardi: un valore superiore al Pil del Canada.
Portfolio.earth si è appoggiata alla società di consulenza Profundo, che ha utilizzato il database Refinitiv per identificare e calcolare i prestiti aziendali, il project finance, la finanza generale aziendale, le emissioni azionarie e obbligazionarie per 72 settori connessi ai rischi di impatto sulla biodiversità. I settori sono: sistema alimentare e prodotti agricoli di base; silvicoltura e prodotti forestali non alimentari; estrazione di metalli e minerali; combustibili fossili; infrastrutture; turismo; trasferimento di beni e persone. tutti identificati come fattori di perdita della biodiversità dalla Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Ipbes) dell’Onu.
Gli istituti analizzati comprendono 20 banche europee (collegate al 36% del totale dei finanziamenti a rischio biodiversità individuati nel rapporto), 18 banche nella regione Asia-Pacifico (24,7%), otto in Nord America (38,7%) e due in Sud America (0,4%) e in Africa (0,1%). Tra queste, 44 sono tra le 100 più grandi al mondo per patrimonio totale, mentre le altre si trovano in regioni chiave con una biodiversità particolarmente elevata.
UNA TOP TEN POCO INVIDIABILE
La maggior parte dei finanziamenti valutati (66%) è collegata ad attività che causano direttamente la perdita di biodiversità (vedi immagine sotto), come la pesca, l’estrazione mineraria e del carbone; mentre il 34% è stato investito in aziende che indirettamente causano la perdita di biodiversità (ad esempio, aziende presenti nella supply chain come quelle legate alla lavorazione e al commercio di materie prime per l’edilizia).
L’analisi delle politiche bancarie ha dimostrato che nessuno degli istituti identificati come i maggiori finanziatori della perdita di biodiversità dispone di sistemi sufficienti per misurare, rendicontare e ridurre gli impatti ambientali causati dalle proprie attività finanziarie. In sostanza: «Le banche non sono disposte e non si sono preparate ad affrontare la crisi della biodiversità», sottolinea portfolio.earth.
Tra gli altri risultati emerge come, in media, ognuna delle 50 banche incluse nella ricerca è collegata a finanziamenti con rischio di biodiversità per 52 miliardi di dollari (con un picco di 210 miliardi e un minimo di 1,3 miliardi). Gli Stati Uniti si confermano in testa alla classifica negativa: le prime tre delle 10 banche con la maggiore esposizione al rischio di biodiversità hanno sede negli Usa e circa il 26% di tutti i prestiti e delle sottoscrizioni sono collegati a Bank of America, Citigroup e JP Morgan Chase. Male anche Wells Fargo, che si colloca in quinta posizione. Figurano in top ten anche tre banche giapponesi (Mizuho Financial, Mitsubishi Financial e Sumitomo Mitsui Banking Corporation) e tre europee (BNP Paribas, Hsbc e Barclays).
Per quanto riguarda, invece, i settori che mettono a rischio la biodiversità, il 32% dei finanziamenti sono associati alle infrastrutture, il 25% all’estrazione di metalli e minerali; e un ulteriore 20% ai combustibili fossili. Alla produzione alimentare (agricoltura e pesca) è collegato soltanto il 10% di tutti gli investimenti, ma si rivela in ogni caso il settore con il maggiore impatto sulla biodiversità globale.
LE POLICY DEGLI ISTITUTI, TRA IMPEGNI ED ESCLUSIONI
Il report ha valutato, infatti, le politiche attuate dagli istituti finanziari in merito ai finanziamenti in specifici settori industriali. A partire da un punteggio complessivo di 100, portfolio.earth ha suddiviso la valutazione delle banche tra impegni (46 punti) ed esclusioni (54 punti).
I primi comprendono azioni quali l’integrazione della sostenibilità nella governance, la definizione di una politica dedicata alla biodiversità, il reporting dei rischi di biodiversità e lo sviluppo di sistemi di misurazione dell’impatto. Mentre le esclusioni sono attività aziendali con grandi impatti sulla biodiversità che le banche si sono impegnate a non finanziare, come le attività di deforestazione.
È emerso che tutte le banche hanno ottenuto meno di 40 punti su 100. Le prime nove, per punteggio, hanno tutte sede in Europa ma nemmeno quella con il punteggio più elevato (Bbva) ha raggiunto il minimo di 40 punti. Si sottolinea come le quattro banche cinesi, classificate come le più grandi banche del mondo hanno ottenuto un punteggio particolarmente basso nel settore policy e non hanno avuto nessun punteggio nelle esclusioni.
I governi e gli scienziati concordano sul fatto che per fermare e invertire l’attuale crisi della biodiversità è necessaria «un’azione trasformativa». Il clima attuale, Covid-19, e le crisi ecologiche stanno radicalizzando le comunità e gli attivisti. L’esame che l’industria finanziaria e gli altri attori economici stanno affrontando sul loro contributo è in aumento e, in casi limitati, le banche e l’industria finanziaria hanno iniziato a reagire misurando la propria esposizione. Recentemente sono state lanciate nuove iniziative per rimediare alla perdita di biodiversità, come il Finance for Biodiversity Banking pledge. Questi sviluppi sono seguiti e accolti con cautela. Ma non possono sostituire un’azione di trasformazione urgente da parte delle banche e del sistema di governance in cui operano.
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