LE RICHIESTE DEL FONDO NORVEGESE da 1100 mld di dollari
Il monito di Norges su cda e reporting Esg
L’obiettivo è arrivare a un unico standard di reporting globale per le informazioni Esg. Nel frattempo, le aziende dovranno migliorare la loro rendicontazione non finanziaria basandosi sia sugli standard Gri, sia sulle metriche Sasb. Pena: il voto contrario in assemblea. È questo l’appello lanciato da Norges bank investment management (Nbim), divisione della Banca centrale norvegese che gestisce gli investimenti del Fondo sovrano del Paese (con asset pari a circa 1100 miliardi di dollari), in un position paper pubblicato il 3 marzo. Nel documento, Nbim sollecita un ruolo più attivo dei consigli di amministrazione; questi ultimi «dovrebbero garantire che il reporting aziendale rifletta tutti i rischi e le opportunità rilevanti in termini di sostenibilità», e che la disclosure sia «quantitativa» e pubblicata con frequenza regolare, «almeno una volta all’anno».
Data la mancanza di standard internazionali univoci per il reporting, la banca suggerisce alle aziende di utilizzare, «come punto di partenza», sia gli standard della Global reporting initiative (Gri), per coprire le informazioni Esg in maniera intersettoriale, sia quelli del Sustainability Accounting Standards Board (Sasb), che prevedono metriche specifiche differenziate per settore.
Norges, da tempo impegnata sulle questioni Esg, avverte che potrebbe supportare le risoluzioni degli azionisti che richiedono una migliore disclosure alle aziende che non soddisfano le sue aspettative. Un monito non di poco conto, dato che le dimensioni del fondo norvegese lo rendono uno degli azionisti più influenti al mondo, con quote in oltre 9mila società (in media, detiene circa l’1,5% dell’indice Ftse global all cap).
Il position paper è stato pubblicato contemporaneamente al rapporto annuale Nbim sugli investimenti responsabili, che ha rendicontato l’attività di engagement con le società nel 2019. Il report rivela un dialogo avvenuto con oltre 1.800 aziende, attraverso riunioni o corrispondenza scritta. «I cambiamenti climatici, la composizione del board e la remunerazione dei dirigenti sono stati gli argomenti sollevati più spesso con le aziende», si legge nel rapporto.
VERSO LO STANDARD-SETTER UNICO
Sempre nella stessa data, Nbim pubblicato anche un rapporto separato sulla rendicontazione di sostenibilità, che chiede una maggiore armonizzazione internazionale degli standard di rendicontazione Esg. Una soluzione che, nel medio-lungo periodo, garantirebbe un reporting migliore e più accessibile. «Anche se sempre più aziende rendicontano informazioni relative alla sostenibilità – si legge nel documento –, il livello di dettaglio e la qualità continuano a variare in modo significativo», tanto che «nella valutazione 2019 sulle informazioni legate al clima, solo un quarto delle aziende analizzate era in linea con le nostre aspettative». Il rapporto ribadisce l’indicazione di utilizzare in maniera complementare gli standard Gri e Sasb, ma afferma che «un buon passo successivo sarebbe quello di rendicontare sulla base di un insieme di metriche standardizzate, accettate a livello globale […] che risponda sia alle esigenze degli investitori sia a quelle degli altri stakeholder».
Questa posizione, che si inserisce nel dibattito sull’armonizzazione globale degli standard Esg (sul tema, vedi gli articoli “Davos, presentati standard Esg globali”, e “Dnf, gli standard dei commercialisti Ue”) era stata espressa dal gestore norvegese anche all’inizio di febbraio, con una lettera di risposta all’iniziativa “Towards a global standard setter for non-financial reporting” di Eumedion, forum degli investitori istituzionali olandesi. Nella lettera, Nimb aveva accolto positivamente l’appello dell’associazione per un allineamento complessivo degli standard esistenti: «Se dovesse essere istituito un nuovo standard-setter, come propone Eumedion, il suo punto di partenza dovrebbe essere quello di consolidare i quadri esistenti».
Fabio Fiorucci
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