Il report della Fondazione Cmcc sull'Italia
Il climate change spinge le disuguaglianze
I cambiamenti climatici sono un acceleratore del rischio in molti ambiti dell’economia e della società italiana. E le conseguenze potrebbero essere estremamente negative nei prossimi decenni se non sarà perseguito un nuovo modello di sviluppo sostenibile, in grado di ridurre gli impatti e di rafforzare la resilienza del territorio. È il messaggio che arriva dal rapporto “Analisi del Rischio. I cambiamenti climatici in Italia”, realizzato dalla Fondazione Cmcc, Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, presentato mercoledì 16 settembre nel corso di un evento online. Il report effettua un’analisi integrata del rischio climatico che evidenzia quali sono gli scenari di cambiamento climatico attesi per l’Italia e quali rischi principali ogni scenario potrà determinare in corrispondenza di diversi possibili livelli di riscaldamento globale.
Nello scenario peggiore ipotizzato dallo studio, le conseguenze del cambiamento climatico nel 2100 causeranno perdite di Pil pro capite tra il 7 e l’8 per cento. Aumenta anche la disuguaglianza economica tra Nord e Sud e tra fasce di popolazione più povere e più ricche: nello scenario più pessimistico gli indicatori di “uguaglianza” peggiorano del 16% nel 2050 e del 61% nel 2080. L’impatto negativo colpisce tutti i settori dell’economia italiana, con le perdite maggiori nelle infrastrutture, a causa dell’intensificarsi dei fenomeni di dissesto idrogeologico, nell’agricoltura e nel settore turistico. La ricerca, inoltre, evidenzia le priorità di intervento, ma anche le principali opportunità finanziarie per ridurre la vulnerabilità territoriale, fornendo come esempi buone pratiche attuate a diversi livelli amministrativi.
Gli scenari climatici e il rischio aggregato
I diversi modelli climatici sono concordi nel valutare un aumento della temperatura fino a 2°C nel periodo 2021-2050, rispetto al periodo 1981-2010, mentre nello scenario peggiore l’aumento della temperatura può raggiungere i 5°C. In uno scenario con emissioni elevate e nessuna iniziativa di mitigazione, le conseguenze previste dal report sono: precipitazioni di intensità maggiore, più frequenti in inverno al Nord e meno frequenti in estate al Centro-Sud; eventi climatici estremi come notti tropicali, in cui la temperatura non scende mai sotto i 20°C, diversi giorni consecutivi senza pioggia, seguiti da giorni di piogge intense e prolungate. L’impatto si fa sentire anche su mare e coste, con l’aumento di 1,2° delle temperature superficiali, si verificherebbe un aumento del livello del mare di 6 centimetri per l’Adriatico, e fino a 8 centimetri per il Mar Tirreno, oltre all’acidificazione delle acque marine e all’erosione costiera.
Il report sottolinea che la capacità di adattamento e la resilienza interessano l’intero territorio italiano e, per quanto riguarda gli eventi estremi, la probabilità del rischio nel nostro Paese è aumentata del 9% negli ultimi 20 anni. La valutazione del rischio climatico e della resilienza è basata su tre indici: Climate Risk Index (Cri); Actuaries Climate Index (Aci); Disaster Resilience Index (Dri).
Analisi del rischio per settori chiave
L’ambiente urbano è considerato un hotspot per vulnerabilità ed esposizione a causa della grande presenza di superfici ricoperte da cemento e asfalto con poche aree verdi. Per questo motivo le città subiranno forti impatti negativi sulla sicurezza e sulla salute delle persone in seguito all’incremento di temperatura, alla maggiore frequenza e durata delle ondate di calore e agli eventi di precipitazioni intense. È atteso un aumento della mortalità, legata soprattutto all’incremento di casi di malattie cardiovascolari e di malattie respiratorie.
L’Italia è un Paese ad alto rischio sul fronte geo-idrologico. I cambiamenti climatici agiscono come amplificatori di questo rischio, già esacerbato nel corso degli anni da molti fattori antropici. Nello specifico, l’innalzamento della temperatura e l’aumento di fenomeni di precipitazione localizzati nello spazio causeranno un ulteriore aumento di fenomeni di dissesto, di esondazione di bacini, e franosi su tutto il territorio nazionale.
ACQUA, sistemi agricoli e incendi
Anche il rischio per le risorse idriche è considerato medio-alto. I cambiamenti climatici attesi sono: periodi prolungati di siccità, eventi estremi e cambiamenti nel regime delle precipitazioni, e riduzione della portata degli afflussi. Il loro impatto prospetta rischi sia per la qualità sia per la quantità di acqua disponibile, soprattutto nelle zone semi-aride. Questo causerà a sua volta un’elevata competizione settoriale per la domanda d’acqua tra uso civile, agricolo, industriale, ambientale e produzione energetica. In una simile situazione l’inadeguatezza dell’infrastruttura, che registra perdite di acqua fino al 50%, rappresenta una evidente vulnerabilità e un fattore importante nella gestione del rischio.
I sistemi agricoli possono andare incontro a una riduzione delle rese nella produzione di molte specie, accompagnata da una probabile diminuzione delle caratteristiche qualitative dei prodotti. Il rischio è più elevato per le aree del Sud Italia, soprattutto per i prodotti tradizionali e per le produzioni irrigue a causa di una minore disponibilità idrica. Impatti negativi, diretti e indiretti, sono attesi anche per il settore dell’allevamento.
Gli incendi boschivi rappresentano una delle principali minacce per il comparto forestale italiano. Si prevede che i cambiamenti climatici, come l’aumento delle temperature, la riduzione delle precipitazioni medie annue e la maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi, possano esacerbare ulteriormente il rischio di incendi, con conseguenti impatti su persone, beni ed ecosistemi esposti nelle aree più vulnerabili. A questo si accompagnano conseguenze legate anche all’incremento nelle emissioni di gas a effetto serra e particolato che impatteranno negativamente sulla salute umana.
Alessia Albertin
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