Greenwashing involontario, 2 dirigenti italiani su 5 lo ammettono

17 Apr 2023
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Le iniziative ambientali, sociali e di governance (Esg) sono passate dall’essere la priorità organizzativa numero uno delle aziende nel 2022, alla seconda posizione nel 2023. Molti dirigenti attribuiscono la colpa al contesto macroeconomico e alle pressioni esercitate da soggetti esterni per dare la priorità all’ottimizzazione dei rapporti con i clienti e all’aumento dei ricavi a discapito delle iniziative di sostenibilità.

È quanto emerge dalla seconda edizione dello studio annuale sulla sostenibilità commissionata da Google Cloud a The Harris Poll, che ha analizzato l’impegno delle imprese in questo ambito attraverso una ricerca che ha coinvolto oltre 1.400 dirigenti di alto livello in 16 Paesi, compresa l’Italia.

A livello italiano, la stragrande maggioranza (84%) dei dirigenti è consapevole che i clienti sono più propensi ad apprezzare marchi sostenibili, ma allo stesso tempo, il 71% si trova a dover far fronte ad un calo delle risorse economiche per il raggiungimento dei propri obiettivi di sostenibilità.

Il greenwashing aziendale e l’ipocrisia green sono preoccupazioni diffuse tra gli intervistati italiani  di quest’anno, con più di 2 dirigenti italiani su 5 (43%) che hanno ammesso di aver sovrastimato (o rappresentato in modo impreciso) le proprie attività di sostenibilità. Molti ritengono che il greenwashing sia involontario e sottolineano la necessità di misurazioni accurate, identificando nella mancanza di strumenti uno dei maggiori ostacoli a un vero progresso. I dirigenti italiani vorrebbero sistemi efficaci per tracciare i loro miglioramenti, e il 91% dei rispondenti sta cercando di muoversi in questa direzione per raggiungere obiettivi più precisi. L’88% dei dirigenti italiani  intervistati ha sottolineato inoltre l’importanza di non ridurre la sostenibilità ad un mero strumento di comunicazione, a dimostrazione della consapevolezza della necessità di conseguire risultati concreti in ambito Esg.

 

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