Le banche etiche crescono e garantiscono finanziamenti a famiglie e imprese più degli istituti privati e cooperativi. Nel 2019 più del 76% degli attivi nei bilanci delle banche etiche in Europa si riferiva a crediti a favore di famiglie e imprese: un dato che per le banche tradizionali si ferma al 38,7% e per quelle cooperative tocca il 60 per cento. Questo è quanto emerge dal Quarto Rapporto sulla finanza etica e sostenibile in Europa, pubblicato da Fondazione Finanza Etica, che ha analizzato l’attività delle 4.500 banche operanti nell’area euro.
Un settore in crescita, quello della finanza etica, che continua a rappresentare un riferimento contro i rischi di un greenwashing della finanza paradossalmente incentivato dalle nuove regole Ue. Il rapporto rivela come alcune delle principali società di gestione del risparmio con sede in Italia e Spagna sarebbero corse a dichiarare “sostenibili” o “parzialmente sostenibili” una percentuale significativa dei propri fondi, dal 20% al 50 per cento. Secondo l’analisi di Zeb Consulting, il peso dei fondi sostenibili sul totale dei fondi gestiti in Europa, in termini di patrimonio, sarebbe pari al 7%-10%, circa 2.500 miliardi di euro, secondo i criteri della Sfdr.
Un dato dalle molte ombre, come evidenzia l’analisi della Fondazione Finanza Etica sui fondi delle prime tre società di gestione del risparmio italiane (Generali, Gruppo Intesa-Sanpaolo e Amundi). Secondo il rapporto, tra i fondi proposti dalle tre Sgr come rispettosi dei criteri Esg (totalmente o in parte) appaiono società controverse, sia petrolifere sia produttrici di armi. Un’analisi confermata anche da una recente inchiesta dell’“Economist” che ha fatto i conti con i numeri dei 20 maggiori fondi venduti come Esg del mondo. Svelando che mediamente ciascuno di loro detiene investimenti in 17 produttori di combustibili fossili, a partire dalle note multinazionali Exxon Mobil e Saudi Aramco.
I risultati di queste indagini, secondo la Fondazione «rafforzano la determinazione del Gruppo Banca Etica a lavorare in rete con le altre banche etiche europee per far riconoscere il modello unico della finanza etica», rivendicato come «decisamente più radicale e incisivo negli impatti socio-ambientali rispetto a quello della finanza sostenibile così come regolamentata dall’Ue».
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