ET.Analist/ Gam: «Climate change, uno “shock” per le banche»
ET.Analist è lo spazio in cui ETicaNews raccoglie i contributi di analisti, asset manager e studiosi che fanno il punto su temi specifici del mondo della finanza sostenibile. Nell’ultimo numero (Finanza Sri, ultimi report degli analisti/ 21) Romain Miginiac, CFA, Head of Research per le strategie Credit Opportunities di GAM Investments, nel documento “Banche e fattori ESG, dalla G alla E” analizza la vulnerabilità del settore bancario a fronte di shock esterni, identificati anche nei rischi legati al cambiamento climatico.
Fino a pochi anni fa, scrive Miginiac, l’analisi sulla vulnerabilità degli istituti di credito era ancorata a diversi fattori, a partire dalla carente supervisione dei rischi passando per un’eccessiva assunzione di rischio e l’orientamento sugli utili a breve termine. Fattori che, con la crisi finanziaria globale, hanno causato fallimenti e salvataggi pubblici di istituti “sistemici”. Questo ha accresciuto le responsabilità in capo alle autorità di vigilanza rivolte sia al rafforzamento del settore sia alla capacità di verificarne la resistenza (tramite gli stress test). Da questo percorso sono emerse le norme di Basilea III e il contestuale rafforzamento dei requisiti di capitale e di liquidità, oltre al miglioramento della trasparenza e della disclosure.
In questo contesto, sostiene Gam, un ruolo centrale è stato assunto dalla governance, diventata un elemento positivo per i profili di credito bancari, e la crisi da Covid-19 è stata il primo banco di prova dei progressi fatti.
Nell’analisi Gam procede per gradi: «Ora che il settore bancario è stato “rimesso in sesto” – si legge –, l’attenzione della regolamentazione può passare alle questioni ambientali» e, nonostante sostenga che operazioni bancarie di per sé non abbiano grandi implicazioni a livello di rischio climatico, queste ultime sono comunque minacciate sia dai rischi fisici (ossia l’impatto degli eventi climatici) sia da quelli transizione (i rischi correlati alla transizione verso un’economia più verde, per esempio gli stranded asset).
Gam identifica quindi due aree di potenziale vulnerabilità per i portafogli impieghi degli istituti, a causa delle esposizioni correlate ai prestiti alle imprese in settori a rischio (come energia e trasporti) e per gli impieghi in aree esposte al cambiamento climatico (per esempio, mutui ipotecari in aree a rischio di alluvione). Per questo motivo almeno il 30% del fondo per la ripresa in Europa e del budget Ue a lungo termine è stato stanziato per progetti ambientali. Dal punto di vista di un obbligazionista, sottolinea Gam, l’impegno riguarda principalmente l’informativa, i piani di azione e la ripartizione del capitale. Sono stati attivati diversi flussi di lavoro per incrementare la trasparenza sull’intensità di carbonio dei portafogli e alle banche è stato chiesto di presentare un piano d’azione su come intendono affrontare il rischio climatico nella loro attività (prestiti compresi).
Infine il rischio climatico è stato inserito nelle decisioni sull’impiego dei capitali. Sia la Bce sia la Prudential Regulation Authority (Pra) britannica inseriranno il rischio climatico negli stress test futuri. I primi effetti di queste innovazioni sono già visibili nell’erogazione dei prestiti, non solo attraverso l’impegno a ridurre i prestiti alle imprese più inquinanti, ma anche nella direzione dei nuovi flussi di credito. In definitiva, secondo Gam, tra i fattori Esg sarà la E dell’ambiente ad attirare l’attenzione degli investitori e delle autorità normative nel settore bancario nel prossimo decennio.
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