Impatti positivi e di lungo periodo su prodotto interno lordo, occupazione, investimenti, produttività del lavoro e svariati benefici ambientali: sono i risultati che l’economia circolare è in grado di generare per il futuro dell’Unione Europea. La stima arriva dallo studio “Circular Europe. Come gestire con successo la transizione da un mondo lineare a uno circolare”, realizzato dalla Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti, in collaborazione con Enel e Enel X.
La ricerca ha stimato i benefici economici, sociali e ambientali associati alla transizione verso un modello di sviluppo circolare nell’Ue: nel 2018 ha generato 300-380 miliardi di euro di Pil, 90-110 miliardi di euro di investimenti e fino a 2,5 milioni di posti di lavoro.
L’obiettivo dell’analisi è misurare lo stato dell’arte dell’economia circolare nei 27 Paesi dell’Ue e nel Regno Unito attraverso il modello “Circular Economy Scoreboard”, che considera tutte le macro-dimensioni del fenomeno: l’utilizzo di input sostenibili, il fine vita, l’estensione della vita utile di prodotti e servizi e l’aumento dell’intensità di utilizzo. In particolare, lo studio si focalizza su tre Paesi: Italia, Romania e Spagna.
I dati mostrano uno sviluppo eterogeneo in tutta l’Europa in generale. Nello specifico del focus, Italia e Spagna dimostrano un livello di sviluppo medio-alto, mentre la Romania si colloca agli ultimi posti della classifica. Tuttavia, la Romania ha mostrato un miglioramento elevato nel corso dell’ultimo quinquennio, la Spagna un progresso intermedio, mentre l’Italia si è mossa più lentamente nella transizione verso un modello circolare.
Inoltre, il paper sottolinea che, nonostante il Green Deal europeo e il relativo Circular Economy Action Plan abbiano stabilito obiettivi più ambiziosi per l’Europa in relazione alla transizione verso modelli di economia circolare, molti Paesi europei (tra i quali l’Italia) non hanno ancora una roadmap strategica nazionale che riconosca nell’economia circolare un fattore determinante.
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