Il report di Oliver Wyman
Cop21, quanto costa il ritardo delle aziende Ue
Le aziende europee mostrano notevoli passi avanti nel ridurre le loro emissioni di carbonio, ma ancora non si vedono i progressi necessari per raggiungere l’obiettivo di 1,5°C stabilito dall’Accordo di Parigi. Lo rivela il report “Running Hot. Accelerating Europe’s path to Paris”, pubblicato da Oliver Wyman. Nel rapporto si stima che per raggiungere l’obiettivo del Cop21 almeno il 65% delle aziende dovrà essere completamente allineato entro il 2030. La società di consulenza sottolinea anche che il sistema finanziario può avere un ruolo di acceleratore, mobilitando capitali verso le aziende virtuose, ma solo agendo subito.
Il report, realizzato in collaborazione con Cdp Europe, esamina i progressi compiuti dalle aziende nella riduzione delle emissioni e i loro piani di transizione verso l’obiettivo “net zero”. Il documento, inoltre, esplora anche le conseguenze per le istituzioni finanziarie, dal momento che molte di loro si sono impegnate a ridurre le emissioni delle società che finanziano in modo da allinearsi con l’Accordo di Parigi. La ricerca analizza i dati di quasi 1.000 delle maggiori società europee, che insieme ammontano a un valore di circa l’80% della capitalizzazione di mercato dell’Europa. Il documento è stato redatto utilizzando misurazioni effettuate prima dello scoppio della pandemia di Covid-19.
I risultati
Dal report emerge che le aziende nella fascia del 25% con le migliori prestazioni hanno già ridotto del 15% le loro emissioni in termini assoluti e del 20% l’efficienza delle emissioni, misurata in gas a effetto serra per unità di ricavo (greenhouse gases per unit of revenue). Tuttavia, evidenzia anche che il progresso non è uniforme. L’efficienza in termini di carbonio delle aziende nella fascia del 25% più performante in ogni settore, infatti, è il doppio rispetto a quelle nella fascia del 25% con le performance più basse.
Le differenze si notano anche nei modelli di business adottati. L’attuale obiettivo impostato dalle organizzazioni europee, infatti, è in linea con un livello di riduzione delle emissioni associato a un riscaldamento globale di 2,7°C. Un livello ben distante sia dell’Accordo di Parigi sia degli ambiziosi piani dichiarati dall’Unione Europea.
Il ruolo degli istituti finanziari
Oliver Wyman mette anche in luce il ruolo di acceleratore delle istituzioni finanziare. In primis, delle banche che rappresentano il 95% di tutti i prestiti alle società europee. Se gli investitori hanno l’ambizione di allinearsi con l’obiettivo del Cop21, infatti, hanno bisogno che le aziende in cui investono riducano le proprie emissioni. E, infatti, molte istituzioni finanziarie stanno costruendo le metriche, i dati e i processi necessari. Dall’altro lato, però, solo l’8% delle società europee ha fissato obiettivi in linea con gli Accordi di Parigi. Ciò ha creato, si legge nel report, un divario di oltre 4mila miliardi di euro tra i prestiti che le banche intendono allineare a Parigi e l’attuale domanda disponibile per tali finanziamenti. Ed è questo divario che potrebbe spingere le aziende ad accelerare le proprie azioni di riduzione delle emissioni per poter ottenere questi capitali.
Nel report viene elaborato uno scenario di “modesta accelerazione”, nel quale si stima che le banche devono adeguare dal 20 al 30% dei loro portafogli di prestiti alle grandi aziende per allinearsi all’obiettivo del Cop21 entro il 2030. Ma solo la metà degli istituti finanziari finora ha valutato se le emissioni dei loro clienti e delle partecipate sono in linea con l’Accordo di Parigi. E poiché il tipico prestito aziendale dura dai 5 ai 7 anni, per fare progressi entro il 2030 è necessario agire subito, si legge nel documento.
Passi avanti e passi indietro
Per quanto riguarda i progressi nella transizione verso il “net zero”, il report rileva che oltre il 50% delle aziende europee ha aderito all’iniziativa Science Based Targets, che verifica se gli obiettivi di emissione sono allineati con l’Accordo di Parigi. E il 56% ha sviluppato un piano di transizione che, nei casi migliori, include obiettivi scientifici convalidati esternamente, investimenti significativi in iniziative a lungo termine e governance e responsabilità chiare. Anche se la maggior parte di questi piani non è ancora ai livelli necessari per allinearsi all’obiettivo del Cop21.
Il report ha anche evidenziato un grosso problema nel la valutazione delle emissioni Scope 3, che costituisce la stragrande maggioranza delle emissioni delle società europee. La ricerca ha rilevato che attualmente meno del 35% delle aziende in settori ad alto impatto sta divulgando informazioni significative sulle emissioni di Scope 3.
Alessia Albertin
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