L'Agenzia federale non potrà bloccare le emissioni
Clima, la Corte Suprema stoppa Biden
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha imposto limiti all’autorità del governo federale di emettere regolamenti per ridurre le emissioni di carbonio dalle centrali elettriche. Durante l’amministrazione del presidente Barack Obama, l’Environmental Protection Agency (Epa) aveva regolamentato le emissioni di gas serra dalle centrali elettriche a carbone e a gas, sulla base della storica legge anti-inquinamento Clean Air Act che imponeva importanti riduzioni all’industria energetica. Con 6 voti contro 3, la sentenza emessa la scorsa settimana nel caso “West Virginia contro EPA”, non solo ferma il regolamento dell’Epa, ma potrebbe avere implicazioni al di là del caso specifico poiché solleva nuove questioni legali su qualsiasi ampia politica di importanza nazionale che le agenzie federali cercheranno di attuare.
Come anticipato dalla rassegna sostenibile di questa settimana (OB/ 304 “Clima, la Corte Suprema Usa limita le agenzie federali”), il caso portato fino alla Corte Suprema da un gruppo di Stati americani a guida repubblicana capitanati dal West Virginia, storico produttore di carbone, ha assestato un duro colpo alla politica ambientale della Casa Bianca. La scelta dei giudici limita la capacità dell’agenzia di emanare regolamenti che spingano per un ambizioso cambiamento nazionale nella politica energetica verso le fonti rinnovabili e per ridurre le emissioni del settore energetico. Inoltre, mina gli ambiziosi piani del presidente Joe Biden per affrontare il cambiamento climatico dal momento che potrebbe ostacolare l’azione legislativa anche su altre questioni climatiche. L’amministrazione americana, che mira a decarbonizzare il settore energetico statunitense entro il 2035, sta attualmente lavorando a nuove normative per affrontare la crisi climatica.
LA SENTENZA
La sentenza si basava sulla dottrina legale delle “grandi questioni” che prevede che venga richiesta un’autorizzazione congressuale esplicita per l’azione su questioni di ampia importanza e impatto sociale. Nell’opinione di maggioranza, infatti, il Chief Justice John G. Roberts Jr. ha scritto che l’Epa può apportare cambiamenti radicali al settore energetico del Paese solo con l’esplicita approvazione del Congresso. Il giudice supremo ha aggiunto che il limite alle emissioni di carbonio posto dal regolamento dell’agenzia federale è tale da costringere gli Stati Uniti a una transizione energetica a livello nazionale e «non è plausibile che il Congresso abbia dato all’Epa l’autorità di adottare da sola un tale schema normativo».
La sentenza non proibisce all’Agenzia ambientale di continuare a regolamentare le emissioni di carbonio delle centrali elettriche, ma stabilisce i limiti entro cui si può muovere. Uno dei paletti imposti è che l’Epa non può costringere le società di servizi pubblici a passare dal carbone all’energia rinnovabile. All’Agenzia rimangono, quindi, margini per stabilire standard significativi, anche se la decisione ha ridotto drasticamente gli strumenti politici che può utilizzare per affrontare il cambiamento climatico. Inoltre, la sentenza ostacolerà la capacità delle agenzie federali in generale di creare regolamenti che hanno ampi impatti sociali ed economici senza una chiara autorizzazione dal Congresso, nonostante i decenni di precedenti in questo senso. D’ora in poi questo tipo di regole richiederà al Congresso di creare leggi specifiche per attuarle, con tutte le difficoltà del caso, di fatto compromettendo in modo drastico la capacità dell’Epa di regolare sui cambiamenti climatici.
LE PROSSIME MOSSE
Il caso “West Virginia vs Epa” è l’ultimo di una serie di recenti cause e sentenze che stanno limitando la protezione federale per l’aria, l’acqua e il clima. Inoltre, a partire da ottobre, la Corte Suprema accoglierà un nuovo caso contro l’Agenzia federale, questa volta per via del Clean Water Act, che potrebbe restringere la portata della legge a tutela dell’acqua. Anche nel caso “Sackett vs Epa”, i giudici conservatori potrebbero decidere che l’Epa è andata oltre la portata legittima della sua autorità nel regolare le zone umide e i corsi d’acqua del Paese, dal momento che anche in questo frangente manca una chiara guida da parte del Congresso.
Il presidente democratico ha definito la sentenza «un’altra decisione devastante che mira a far arretrare il nostro Paese» e che «rischia di danneggiare la capacità della nostra nazione di mantenere l’aria pulita e combattere il cambiamento climatico». Biden promette che continuerà a «utilizzare l’ autorità datagli dalla legge per proteggere la salute pubblica e affrontare la crisi climatica». E aggiunge di aver dato mandato al suo team legale di lavorare con il dipartimento di Giustizia e le agenzie interessate per studiare attentamente la sentenza e trovare modi, ai sensi della legge federale, per continuare a proteggere gli americani dall’inquinamento.
Alessia Albertin
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