La Cfa Society Italy interviene sulla recente evoluzione degli investimenti responsabili, focalizzandosi sugli aspetti normativi e regolamentari, attraverso un intervento del suo presidente, Giancarlo Sandrin, di cui pubblichiamo qui sotto le parti più significative. Tra i punti chiave, la recente svolta della Commissione europea che ha imposto una rifoluzione nel fiduciary duty.
Gli investimenti sostenibili stanno ottenendo un grande interesse da parte di tutti gli operatori (…). Ma perché un investimento che sino a 10 anni fa era praticamente snobbato dall’industria oggi sta riscuotendo tale successo?
Una delle spinte più grandi probabilmente è stata data nel 2015 con il lancio degli UN Sustainable Development Goals (SDGs) (…), un elenco definito dei fattori ESG che dovrebbero essere presi in considerazione in fase di selezione degli investimenti.
Questa dichiarazione d’intenti ha reso trasparente il fatto che, per risolvere alcuni dei problemi più urgenti che il mondo sta affrontando, sia necessario l’intervento del settore privato. Alle società e agli investitori istituzionali viene quindi chiesto di contribuire agli SDG attraverso le loro attività commerciali, l’asset allocation e le decisioni di investimento.
Il dovere fiduciario che viene richiesto agli investitori professionali (…) implica che vadano presi in considerazione non soltanto le classiche variabili finanziarie ma anche i fattori ambientali, sociali e di governance (ESG).
A seguito di ciò, la Commissione europea ha richiesto alle EBAs (le autorità di vigilanza Europee su Banche, Assicurazioni e Mercati) di adottare all’interno dei propri regolamenti linee guida ESG. In questo ambito la commissione ha assegnato all’High-Level Expert Group (HLEG) on Sustainable Finance il compito di definire le linee guida, che sono state pubblicate a fine gennaio.
Se guardiamo alla parte degli Asset Manager vediamo che questi operatori dovranno garantire che le loro pratiche di governance, expertise e di stewardship tengono conto della sostenibilità, al fine di garantire il miglior risultato possibile per gli investimenti dei clienti. (…)
Un altro aspetto sul quale si sta lavorando è la tassonomia all’interno degli investimenti sostenibili. Ad oggi non è ancora stato definito un criterio completamente condiviso per classificare le attività di tipo sostenibile.
Come ricorda anche l’OCSE, questa mancanza di chiarezza, e in particolare il persistente sospetto che l’integrazione ESG sia motivata da preoccupazioni etiche o morali piuttosto che da preoccupazioni finanziarie, ha probabilmente ritardato l’integrazione dei fattori ESG nella governance degli investimenti.
Questa difficoltà è aggravata dalla velocità con cui si stanno sviluppando nuove strategie di investimento ESG, rendendo più difficile per gli investitori istituzionali la selezione della strategia “giusta” (…).
Le cose non si stanno muovendo però soltanto a livello Europeo, ricordiamo che In Italia la Consob, a gennaio di quest’anno, ha emanato per la prima volta un regolamento che norma la pubblicazione delle informazioni di carattere non finanziario (i c.d. bilanci di sostenibilità). È lecito quindi attendersi delle novità sull’intera catena produttiva del risparmio gestito, dai “manifacturer” come assicurazioni e asset manager, agli emittenti di titoli, finendo sui financial advisor.
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