riflessioni sul messaggio che arriva dai super rincari
Bollette, un condono degli insostenibili
La scorsa settimana si è acceso un dibattito, quello sul rincaro delle bollette energetiche, che rischia di fare male alla transizione verso un modello capitalistico sostenibile. Al centro della questione non c’è quello che è probabilmente il fattore cruciale del rimbalzo delle tariffe, ovvero l’esplosione dei prezzi delle materie prime. Bensì, ad accendere la discussione, è un fattore che ha probabilmente una incidenza inferiore sul rincaro odierno, ma che ha risvolti concettuali e politici devastanti. Il fattore è stato presentato dai ministri della Repubblica come: il costo di allineamento alla transizione energetica da parte delle imprese.
In termini tecnici, ciò che sta avvenendo è totalmente legittimo. Le aziende dell’energia funzionano secondo uno schema particolare, definito in anni di gestione del bene pubblico che hanno in dotazione, che le rende, a un tempo, un partner e una controparte dello Stato. Cioè un soggetto cui lo Stato garantisce un certo tipo di guadagno legato a investimenti e servizi sviluppati.
In questo contesto, è stato creato, nel 2005, il sistema di scambio di emissioni Ets (Emissions trading system) della Ue: in base a questo sistema, le industrie europee più inquinanti, dalle centrali energetiche alle acciaierie, hanno un tetto annuo di emissioni di Co2 da rispettare. Se inquinano di più di quel tetto, le imprese sono costrette ad acquistare quote di emissioni da un apposito mercato. Se inquinano di meno, le quote non utilizzate possono essere rivendute sullo stesso mercato.
Ebbene, (anche) all’esplosione dei costi di questi Ets viene ricondotto il caro bollette. Ovvero, vista la progressiva stretta alle emissioni annunciata da Bruxelles, questi certificati “compensatori” stanno registrando un’impennata di valore.
REAZIONE E PARADOSSO
Gli esperti di energia rinnovabile hanno alzato gli scudi a difesa del percorso sostenibile. La tesi esposta dagli alfieri green è che la transizione ecologica verso fonti energetiche a basse emissioni è appena cominciata, ma in Italia è già diventata il capro espiatorio a cui addossare la colpa del caro bollette.
La cosa paradossale è che il problema è esattamente l’opposto. Cioè, il guaio non è aver addossato alla transizione energetica colpe che non esistono. Al contrario, i costi esistono, eccome. Ma il disastro è aver legittimato che la transizione energetica ha delle colpe (dei costi) che possono essere ribaltati sugli utenti e sulla comunità.
L’EFFETTO CONDONO
Come detto, ciò che sta accadendo è del tutto legittimo da parte dei player del sistema. Eppure, tutto questo, si traduce in tre pericolosi concetti.
1) Le aziende che hanno optato per ritardare la transizione, affidandosi al sistema di compensazione, oggi possono scaricare il costo di quel ritardo (che nel frattempo ha presumibilmente consentito altri generi di guadagni) sulla comunità attraverso le super bollette.
2) Lo Stato finisce per legittimare i comportamenti ritardatari, concedendo un premio a chi non ha trasformato il proprio business, e così penalizzando chi ha già avviato (a proprie spese) la transizione. Questo crea una sorta di effetto condono: nessuna punizione, bensì una sanatoria finale).
3) Per giunta, lo Stato stesso accetta di scaricare il costo sugli utenti, aggravando quella che viene indicata come la nuova forma di “povertà energetica”, consentendo il rialzo delle tariffe o, nel momento che interviene per compensare con denaro pubblico parte dei rincari, scaricandola in parte sulla totalità dei cittadini che pagano le tasse.
Il tema è scottante al punto da essere richiamato dalla professoressa Chiara Mio, in occasione della presentazione del suo recente libro “L’azienda sostenibile” nell’ambito di Pordenonelegge, sabato scorso. Sul palco, l’autrice ha presentato il caso bollette come esempio di potenziale incoerenza per imprese che-si-dicono-sostenibili, e come esempio di istituzioni che danno un segnale contrario alla transizione energetica, premiando chi non si è ancora adeguato (e che ha alti costi di Ets) a sfavore di chi ha già investito nell’adeguamento.
Dal lato istituzionale, la situazione attuale, perciò, si presenta come l’occasione di revisione di un sistema che, come denuncia Ivan Faiella, economista di Banca d’Italia, per quanto corretto dal punto di vista tecnico, ha bisogno di essere ripensato, specie nelle cosiddette politiche di “promozione” (e non solo quelle di “protezione”), al fine di garantire una transizione “giusta”, capace di limitare il rischio di una estesa (e insostenibile) “povertà energetica”.
IL PARADOSSO PER LE IMPRESE
Dal lato delle imprese, la prova è anche più importante. Pur nella consapevolezza che questa riflessione ha una valenza teorica, piuttosto difficile da tradurre in passaggi operativi che possano mutare in tempi ridotti lo schema di servizi e investimenti, le aziende hanno comunque l’imperativo di riflettere sul paradosso che si viene a creare: le aziende che stanno costruendosi una ESG Identity, passando attraverso percorsi di ridefinizione del proprio purpose e dei propri modelli di azione, hanno di fronte la prospettiva di finire fuori gioco dal punto di vista dello stakeholder capitalism. Cioè di negare, pesando sulla comunità, il nuovo presupposto di agire in modo responsabile per la comunità.
I fronti di azione di cui riflettere passano per l’impostazione di un nuovo programma di transizione, ma soprattutto possono passare per una grande operazione di cultura e condivisione con i clienti. Una cultura che consenta di spiegare, e magari di scegliere nuove forme contrattuali protette.
Una condivisione che trasformi il paradosso in un fronte comune con gli stakeholder.
bollettechiara mioESG Identityet.climateIvan FaiellapersonaggiPordenonelegge