Banche, i potenziali stranded asset climatici come i subprime
Un nuovo rapporto di Finance Watch, ong paneuropea che promuove una finanza al servizio della società, rivela che le 60 banche più grandi al mondo hanno un’esposizione di circa 1.350 miliardi di dollari ad asset legati ai combustibili fossili. Una situazione che presenta analogia con la crisi subprime che attivò i crolli finanziari del biennio 2007-08. Lo segnala una nota di Banca Etica che spiega come i combustibili fossili siano il principale fattore di accelerazione del cambiamento climatico, e molti asset legati ai combustibili fossili dovranno essere abbandonati prima che termini la loro vita economica nel percorso di transizione verso un’economia sostenibile. In altre parole, si svaluteranno, trasformandosi in attivi non recuperabili, i cosiddetti “stranded asset”. E le banche che li hanno finanziati subiranno delle perdite. Se aggiungiamo a queste perdite finanziarie i danni cagionati dagli eventi catastrofici indotti dal cambiamento climatico, la conseguente destabilizzazione dell’intero sistema finanziario potrebbe sfociare in un’altra crisi finanziaria.
Dalla ricerca di Finance Watch emerge che, per superare il problema, sarebbe necessario in media l’equivalente di 3-5 mesi di utili per ogni istituto, o un aumento di capitale compreso tra 157,0 e 210,2 miliardi di dollari per le 60 più grandi banche mondiali.
Lo studio evidenzia, inoltre, che l’esposizione delle banche globali ai soli asset legati ai combustibili fossili (escludendo i settori ad alte emissioni a valle della filiera) è quasi equivalente all’esposizione dell’intero sistema finanziario ai mutui subprime prima della crisi finanziaria globale del 2007-2008. Benché gli asset legati ai combustibili fossili e quelli connessi ai mutui subprime presentino evidenti differenze strutturali, la situazione attuale presenta comunque delle analogie con quella di allora.
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