Il “lavoro agile”, o smartworking, come viene spesso chiamato, non è (o almeno non dovrebbe essere) la conseguenza di una costrizione, come avviene oggi nel caso dell’emergenza Covid-19. È l’allarme lanciato dall’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna, il quale evidenzia anche i rischi dell’attuale deformazione indotta dalla pandemia.
Definito nella legge n. 81/2017, spiega una nota, il lavoro agile partiva dal presupposto della volontarietà: il datore di lavoro e il dipendente stringevano un accordo perché il secondo potesse svolgere alcuni compiti da remoto. Non è agile, per quanto necessario, essere obbligati a restare in uno spazio limitato, in cui dover anche lavorare. «È evidente – si legge – che questa situazione rischia di compromettere l’equilibrio di molte persone, oltre che l’efficacia stessa dell’impegno lavorativo».
In prospettiva, gli psicologi rimarcano che «il lavoro agile richiede capacità di autogestione di spazi e tempi: il rischio, infatti, è di comportarsi come se si fosse sempre a lavoro. Anche per questo lo smart working non può essere l’unica forma di lavoro, conservando in parallelo impegni lavorativi ben delimitati nel spazio e nel tempo. D’altra parte, se la “modalità agile” fosse esclusiva, porterebbe all’isolamento dei dipendenti, all’assenza del confronto tra colleghi».
Ciò che sta accadendo oggi, conclude la nota, «piuttosto che lavoro agile, è la risposta più rapida possibile a un’emergenza sanitaria di proporzioni enormi. In futuro, bisognerà ripensare il modo di lavorare in remoto, ripartendo dal progetto iniziale, in modo da recuperare la dimensione in presenza, almeno in alcuni momenti della settimana, con la possibilità di gestire da vicino, senza la mediazione di uno schermo, emozioni, conflitti, rapporti e impegni lavorativi: la possibilità, in sostanza, di restare umani».
psicologiSmart working
Condivido pienamente,
chi vi scrive oggi è un nonno, un pensionato, ma anche un lavoratore che per scelta, come tanti altri suoi colleghi consulenti finanziari, ha deciso di proseguire nell’ attività.
Con ben 45 anni di contributi versati, dei quali 39 anni da autonomo, se non avessi imparato l’ arte della gestione del tempo, probabilmente sarei già fallito o impazzito.
Invece gioco forza, causa COVID-19 eccoci qui che da un giorno all’ altro ci siamo trovati praticamente quasi tutti agli “arresti domiciliari ” a fare smart working.
L’ effetto collaterale primario di questa tipologia di lavoro è il venir meno di tutto ciò che deriva dal contatto umano e dalle relazioni interpersonali, con le persone del proprio mondo: clienti , colleghi di lavoro, dipendenti di direzione, sales, fornitori ecc.
Il rischio che si corre veramente, é di finire in un loop, dal quale potrebbe essere difficile uscire, spesso ingenerato dall’ansia da prestazione.
Nel mio caso il desiderio di placarla, mi ha portato ad essere praticamente, sempre connesso ed attivo dall’alba alla notte, senza un attimo di tregua se non per il cibarmi.
Bene poiché io questa sensazione, io l’ho già provata, ma credo di averla identificata per tempo, vi invio per la vostra salute mentale e fisica e per quella dei vostri congiunti , a cercare di riconoscerla, affinché stacchiate se potete e confiniate il ” lavoro agile” nel’ giusto spazio-tempo che gli volete dare, senza rinunciare a vivere ed a pensare a voi stessi ed ai vostri cari.