Serie: L’Età del Carbonio - Carbonsink per ET.Climate
Accelerare per il clima: ritardi e opportunità delle aziende italiane
Nuovi dati confermano un evidente ritardo delle aziende italiane rispetto alla sfida climatica. Nonostante i significativi passi avanti fatti negli ultimi anni, sia per quanto riguarda l’aumento degli impegni climatici che per l’integrità e allineamento degli stessi alla scienza, il nuovo Net Zero Readiness Index 2022, realizzato da Carbonsink in collaborazione con Borsa Italiana, ci restituisce una fotografia di un settore privato che procede troppo lentamente verso gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi, con il rischio ormai concreto di non raggiungerli in tempo.
Lo studio, che valuta il livello di preparazione alla decarbonizzazione delle prime 100 aziende per capitalizzazione quotate in Borsa negli indici Ftse Mib e Ftse Italia Mid Cap, fa emergere importanti sfide che le imprese italiane devono superare se vogliono crescere in un’economia a basse emissioni. Quando solo 16 aziende su 100 raggiungono la sufficienza rispetto al livello di preparazione necessario per affrontare un percorso di decarbonizzazione allineato agli obiettivi di Parigi, è importante riflettere sulle cause di questo ritardo e concentrarsi sulle possibili soluzioni. Se è vero che il percorso verso il net-zero presenta complessità oggettive, ad esempio la misurazione delle emissioni indirette lungo la filiera, oggi assistiamo sia a un aumento della consapevolezza da parte delle imprese rispetto al loro ruolo per il clima, che a una sofisticazione degli strumenti che ne incentivano l’azione. Il panorama dipinto dalla nuova analisi non deve essere dunque letto come una lista di ostacoli insormontabili, bensì come un quadro che ci indica dove e come intervenire. La domanda è: come possono le aziende trasformare le sfide attuali in opportunità di azione verso il net-zero?
DA SFIDE A OPPORTUNITÀ
Una delle cose più concrete che un’azienda può fare oggi per accelerare la propria azione climatica è misurare e rendicontare tutte le sue emissioni, incluse quelle indirette Scope 3 lungo la filiera. Può sembrare banale, ma non è così. Il Net Zero Readiness Index 2022 mostra, infatti, che solo 26 aziende delle 100 analizzate rendicontano le categorie Scope 3 rilevanti. Questo dato è importante poiché le emissioni indirette lungo la filiera spesso rappresentano la maggior parte dell’impronta carbonica aziendale, generando fino al 90% delle emissioni totali. Ciò significa che spesso non abbiamo ancora una visione completa e attendibile dell’impatto reale delle aziende sul clima.
Data la complessità e frammentazione delle filiere, misurare le emissioni Scope 3 è un vero e proprio percorso per le aziende, che passa attraverso il coinvolgimento dei fornitori in attività di raccolta e analisi di dati relativi alla loro impronta carbonica. Per facilitare questo scambio, Carbonsink ha sviluppato, e lancerà presto, uno strumento digitale che agevolerà la connessione tra azienda e fornitori, per una raccolta dati più semplice ed efficiente, su cui fondare una strategia climatica solida.
Il passo successivo è quello di definire target di riduzione delle emissioni in linea con la scienza. Anche se con ampio margine di miglioramento, le aziende italiane stanno lavorando molto su questo punto. Se a fine 2019 solo due aziende italiane avevano un target di riduzione approvato dalla Science-Based Target initiative (SBTi), a settembre 2022 il gruppo è salito a 41, a cui si aggiungono altre 22 aziende che si sono impegnate pubblicamente a fissare un target basato sulla scienza di SBTi entro 24 mesi. Anche se siamo partiti in ritardo, il gap tra le aziende italiane e quelle degli altri Paesi europei si sta chiudendo.
Nonostante ciò, bisogna aumentare l’ambizione dei piani di riduzione. I dati del Net Zero Readiness Index mostrano che anche se tutte le aziende del mondo riducessero le emissioni in linea con gli impegni climatici delle aziende del Ftse Italia Mid Cap e del Ftse Mib, le temperature globali supererebbero il limite di 1,5°C previsto dall’Accordo di Parigi, allineandosi a uno scenario di aumento globale delle temperature di 2,5°C rispetto a livelli pre-industriali. Da qui l’esigenza di focalizzarci maggiormente sugli interventi di riduzione lungo la filiera adottando un approccio di ripensamento del modello di business in chiave sostenibile. Assieme ai propri fornitori, le aziende hanno l’opportunità di intervenire sulle diverse fasi della produzione, dall’approvvigionamento di materie prime alla logistica passando per l’utilizzo di materiali più sostenibili e l’efficientamento energetico.
Agire oggi verso il net-zero di domani vuol dire anche intervenire sulla gestione delle emissioni residue, ovvero quelle che non possono essere evitate attraverso piani di riduzione, in modo proattivo e lungimirante. Uno strumento per fare ciò è quello dei crediti di carbonio certificati, che le aziende possono acquistare finanziando progetti di mitigazione dei cambiamenti climatici ad alto impatto ambientale e sociale, sempre nel contesto di una strategia climatica solida. Così facendo, l’azienda bilancia le proprie emissioni residue e, al contempo, supporta lo sviluppo sostenibile delle comunità più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici. Gli strumenti ci sono, eppure, l’80% delle aziende analizzate nel Net Zero Readiness Index 2022 non compensa ancora le proprie emissioni.
Da ultimo, ma non per importanza, comunicare in modo trasparente. Anche questo si può fare da subito e in modo responsabile, raccontando i propri impegni climatici e il proprio percorso a un pubblico sempre più consapevole e sensibile, evitando il rischio di greenwashing. Uno degli strumenti chiave qui è il questionario Cdp (ex Carbon Disclosure Project), che fornisce un sistema di disclosure volto ad aiutare il settore privato a comunicare in maniera trasparente le proprie strategie climatiche e a confrontare aziende di un determinato settore anche a livello internazionale. Nel 2021 circa il 75% aziende italiane del Ftse Mib ha partecipato al questionario, numero in crescita anche in risposta a una forte richiesta del mercato.
NECESSARIO, POSSIBILE E STRATEGICO
In un mondo dove il rischio climatico cresce, la performance climatica delle aziende assume maggiore rilevanza strategica. Come ci ricorda uno studio di Simon Kutcher Partners uscito nel 2021, la sostenibilità è uno dei principali criteri d’acquisto per quasi un terzo degli italiani intervistati, ma non solo. Anche gli investitori sono sempre più consapevoli dell’importanza dell’impatto ambientale del settore privato, su cui spesso fondano le loro scelte. Strumenti come sistemi di disclosure e rating di sostenibilità hanno innescato una competizione virtuosa verso il net-zero. Nei prossimi anni l’attenzione all’integrità e alla responsabilità degli impegni continuerà a crescere. Le aziende lo sanno, sentono la pressione normativa e di mercato che le investe, e stanno anche lentamente comprendendo la lungimiranza della climate action in ottica di crescita e competitività a lungo termine. Ciò che resta da fare, oggi, è identificare i prossimi passi e accelerare.
Valentina Ortis (Carbonsink)
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