al via un'inchiesta sulla sostenibilità del fenomeno
Stop al greenwashing da riforestazione
Percorrendo la strada che da Milano porta a Monza, a un certo punto, sulla sinistra, si è costretti a buttare l’occhio al terrapieno tra le due vie di marcia, a causa delle (spesso) lunghe attese all’incombente semaforo. È un tratto di terra piuttosto lungo, largo all’incirca trenta metri, su cui si alternano alberi d’alto fusto. Ebbene, circa un anno fa, tra un albero e l’altro, sono comparsi piccoli circoli di terreno lavorato (cioè, non ci crescono le erbacce). Al centro di questi circoli, si vedono chiaramente delle piccole aste (di legno o metallo), destinate al sostegno di qualcosa. Cosa?
Ecco il punto. Quella grande aiuola morta tra il traffico quotidiano di milioni di auto, è una delle aree destinate al rimboschimento di Milano.
Non è chiaro a quale campagna stampa di “green” faccia riferimento l’iniziativa (se quella da 10, 20 o 100mila alberi, pubblica o privata, che si sono susseguite negli ultimi anni). Ma è chiaro una cosa. Dentro quella aiuola, in quei circoletti di terra, bisogna lavorare di fantasia per immaginare che le aste morte siano l’appoggio di una cosa viva come un albero. Quelli, in sostanza, non sono “alberi” piantati. Sono qualcosa di più simile al “seme” che all’albero. E qualcosa lascia pensare che la percentuale di piante che produrrà qualche foglia, tra le centinaia di rametti conficcati oggi nel terreno, sarà assai minimale.
Questo piccolo aneddoto è utile per introdurre un tema estremamente scomodo: il greenwashing che si nasconde nelle campagne di comunicazione della riforestazione. Anzi, nella riforestazione stessa.
Nell’articolo in pubblicazione oggi alle 12 affronteremo la prima parte di un’inchiesta su questo tema sempre più caldo, presentando alcune considerazioni scientifiche che smontano il luogo comune della ri-forestazione green.
Certo, è comunque meglio piantare un albero (un ramoscello) piuttosto che restare inermi. Ma il problema si è ben manifestato la scorsa settimana con il “giorno della terra”. Sono arrivati in redazione centinaia di comunicati sulle iniziative più diverse di compensazione per aiutare la terra a ritrovare il respiro. Non c’è bisogno di dire quanti di quei comunicati avessero un valore tangibile, e quanti invece approfittassero del tema.
La sostenibilità basata sulla compensazione tramite alberelli, come nel caso degli arbusti tra Milano e Monza, rischia di tradursi in iniziative che si basano su numeri bellissimi da annunciare (10, 50, 100mila alberi), ma oltremodo difficili da monitorare e quantificare.
Per questo abbiamo sviluppato questa inchiesta in due puntate.
Buona lettura.
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