ET.INTERVISTA/ 251 - Luca Dal Fabbro, presidente
Dal Fabbro: «Esg European Institute riferimento in Italia e in Europa»
La sostenibilità si è imposta con forza nel discorso finanziario recente. Elementi di indagine esplorati in ambito ambientale, sociale e di governance, a livello accademico, industriale o istituzionale, hanno trovato una collocazione sulla scena pubblica, spinti dalle urgenze innescate dalla pandemia. E in questo fermento culturale intorno agli Esg si è costituito «formalmente» il 30 novembre del 2020 l’Esg European Institute «un’associazione unica in Italia, che si configura come iniziativa originale in Europa e che intende porsi come punto di riferimento e di sintesi del mondo Esg italiano ed europeo». A delineare il perimetro d’azione (e di reazione) di questa nuova realtà è il suo presidente Luca Dal Fabbro, fondatore del Circular Value Fund, primo fondo italiano per l’economia circolare, vicepresidente del Circular Economy Network ed ex presidente di Snam (carica che ha ricoperto fino a maggio 2020). Dal Fabbro, racconta gli obiettivi e le finalità della nuova associazione, che vede tra i suoi fondatori anche Letizia Macrì, vicepresidente e giurista d’impresa esperta di corporate & governance, Laura Cavatorta amministratrice indipendente di Snam e Inwit, Roberta Morosin condirettrice generale e Head of Operations Italy di Gam Sgr, Alfredo Morrone, professore di Diritto amministrativo all’Università degli Studi Chieti-Pescara, Eugenio Razelli, presidente di Safilo Group e Industrial Partner di Fondo Strategico Italiano, e Konstantinos Sergakis, professore ordinario Capital Markets Law and Corporate Governance all’Università di Glasgow.
Qual è stata la spinta alla creazione di questa una nuova associazione?
Si parla molto di parametri Esg ma la misurazione degli stessi è ancora affidata a criteri soggettivi. Di conseguenza, è fondamentale che per lo sviluppo del settore il fenomeno debba essere misurabile in modo oggettivo. E per fare questo occorre condividere una metodologia. L’associazione nasce dal confronto con una serie di operatori finanziari, investitori, banche, Sgr, mondo accademico e mondo dei consigli di amministrazione con l’obiettivo di definire un approccio trasversale alle diverse realtà in modo da analizzare e studiare standard base condivisi dall’industria della finanza, da quella dell’impresa e, appunto, dal mondo accademico.
Perché adesso?
La pandemia di Covid-19 ha rappresentato un’importante sfida, e ha messo in luce la necessità di modelli di business sostenibili e resilienti. Si è imposta, soprattutto negli ultimi mesi, l’idea che per tutelare il benessere di tutto l’ecosistema sia necessario un cambiamento strutturale: e questo non può prescindere dall’approccio delle imprese, impegnate nell’integrazione dei propri Piani di Sostenibilità con il Piano Strategico e il Piano di Audit. Il tema è diventato così rilevante, che non è più percepito come una sola questione etica, ma va a indirizzare il purpose dell’azienda (basti pensare alle cosiddette società benefit, che perseguono nell’oggetto sociale, oltre allo scopo lucrativo o mutualistico, anche una o più finalità di beneficio comune prefissate, operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di tutti gli stakeholder) e si pone come elemento competitivo di mercato. Questo si traduce in una gestione efficiente e strategica delle risorse a disposizione, siano esse naturali, finanziarie, umane o relazionali, allo scopo di generare valore in una prospettiva di medio-lungo periodo. L’Esg European Institute vuole essere un osservatorio privilegiato per la discussione, la misurazione e l’approfondimento delle tematiche relative agli Esg, in Italia e in Europa, creando valore nel tempo e per tutti gli stakeholder con riferimento sia agli emittenti quotati sia alle Pmi che su base volontaria vogliano ispirarsi alle best practice di mercato, senza dimenticare il mondo delle startup.
Per quale motivo avete deciso di riunire “sotto lo stesso tetto” manager di realtà quotate, studi legali e mondo accademico?
Come detto si tratta di trovare parametri di misurazione comune, ma occorre sottolineare anche un altro obiettivo dell’istituto: quello di creare cultura. I membri degli organi societari, oltre a essere professionisti di alto spessore intellettuale, provengono da estrazioni professionali differenti: dal consigliere di amministrazione di società quotate al docente universitario, per passare dai rappresentanti di Sgr e investitori istituzionali ai proxy advisor. L’eterogeneità delle figure che la compongono è una delle caratteristiche dell’associazione, e sarà anche uno dei motori per l’elaborazione di input unitari che tengano conto delle prerogative e dei punti di vista di tutti gli stakeholder che operano sul mercato.
Quali spinte esogene hanno contribuito alla creazione dell’associazione?
Negli ultimi anni si è assistito all’emergere e all’affermarsi dei parametri Esg spinti anche dall’azione dei fondi di investimento, che hanno iniziato a basare le proprie valutazioni su metodologie e indicatori di sostenibilità elaborati da società di benchmarking (come ad esempio Morningstar, Sustainanalytics, Ftse Russell e Msci) che utilizzano i dati forniti dalle stesse aziende. La qualità dei dati non finanziari, però, spesso è soggetta a un giudizio “soggettivo” ed esiste una sorta di “discrezionalità” anche da parte di chi li utilizza. Nonostante la presenza di numerosi standard internazionali (come quelli del Sasb o della Gri) a oggi si evidenziano ancora delle lacune nell’utilizzo di queste informazioni. In particolare: manca una definizione e una procedura di raccolta unitaria e globalmente riconosciuta dei parametri Esg; oltre a ciò non esiste una chiara identificazione delle informazioni minime che devono essere raccolte dalle società per formare un report di sostenibilità che le renda appetibili per gli investitori. A causa di questo approccio poco uniforme alla materia, i dati raccolti risultano poco accurati, non comparabili tra loro e non calibrati sui settori produttivi ai quali si riferiscono. I dati, inoltre, si limitano a registrare una situazione ferma nel tempo, che non tiene conto di quanto la società abbia fatto (o intenda fare) per migliorare la propria sostenibilità. Si rende, pertanto, necessario prevedere criteri Esg il più oggettivizzanti e misurabili (come per i principi internazionali contabili per la redazione del bilancio), suddivisi per categorie e attività merceologiche in base all’attività svolta dalle aziende (si pensi alle differenze nell’approccio di una società nel settore energy rispetto a una società del fashion o del food). L’oggettivizzazione dei criteri Esg da un lato faciliterebbe gli emittenti quotati e le società che su base volontaria elaborano la Dnf ad avere dei parametri da seguire nella elaborazione della stessa, costituendo altresì una base oggettiva su cui essere misurati in maniera trasparente sia internamente (ad esempio sulla remunerazione del Ceo) sia esternamente.
Quali sono gli obiettivi di medio e lungo termine e quali ricerche proporrete?
L’obiettivo è quello di riuscire a diventare un interlocutore autorevole con il mondo istituzionale, finanziario e industriale, indicativamente, nell’arco dei prossimi due o tre anni. E per arrivare a questo risultato occorre lavorare sui contenuti. Nel breve termine segnalo che l’associazione si è già attivata in attività di ricerca con il lancio di una serie di Tavoli di Lavoro. In particolare, dopo un’analisi a livello di direttivo e di comitato scientifico, si è deciso di dare sviluppo ai primi cantieri sulla figura del Sustainability Manager; quello su B-Corp e Società benefit; e un tavolo dedicato alla misurazione dei fattori Esg. L’esisto di queste analisi sarà riportato in un relativo position paper. L’associazione, inoltre, parteciperà in maniera attiva alla definizione di metodologie nei diversi campi di interesse, finalizzata al confronto tra settori e realtà diverse, in modo da impostare, misurare e controllare piani di miglioramento a beneficio degli investitori chiamati a valutare gli investimenti anche sotto il profilo Esg. In questo caso, tra i temi chiave segnalo la tutela dei diritti umani e l’uguaglianza nel trattamento delle persone; la salute, la sicurezza e il benessere; la protezione dell’ambiente, con particolare riferimento al tema del climate change e della circular economy; il progresso socio-economico e la valorizzazione dei territori; la creazione di uno sviluppo economico basato sull’innovazione e sull’industrializzazione responsabile. Nel lungo termine, vogliamo collocarci come hub di riferimento sulle tematiche Esg a livello europeo. A questo proposito promuoveremo la ricerca e la diffusione delle conoscenze in materia Esg, anche attraverso studi comparativi con sistemi adottati al di fuori dell’Italia; la realizzazione di studi e lo sviluppo di soluzioni condivise ai problemi applicativi posti dalle tematiche Esg, eventualmente anche mediante l’elaborazione di standard volontari e best practice (anche mediante l’utilizzo di strumenti informatici che consentano di comparare le società sui temi Esg) da proporre ad aziende, istituzioni ed enti accademici; la promozione della formazione e l’aggiornamento professionale continuativi, anche mediante l’organizzazione di corsi di specializzazione e di aggiornamento, congressi, seminari, nonché mediante la creazione o collaborazione a riviste specializzate; la realizzazione di attività di ricerca e innovazione, anche all’interno di programmi di ricerca e innovazione dell’Unione europea.
Come si sosterrà l’associazione e chi è l’associato tipo?
Esg European Institute, come tutte le associazioni senza fini di lucro, si sosterrà attraverso le quote associative di associati siano essi persone fisiche, come manager d’azienda o esperti della materia che intendono continuare ad approfondire tali tematiche, o persone giuridiche (società quotate, Pmi, startup). Un’altra fonte di finanziamento potrebbe arrivare da eventuali contributi o elargizioni fatte da soci o da terzi, anche mediante campagne di raccolta fondi promosse dall’associazione. Prevediamo anche entrate derivanti dall’organizzazione di attività sociali o istituzionali; o da raccolte pubbliche occasionali di fondi; infine punteremo anche a finanziamenti ricompresi in programmi di ricerca e innovazione dell’Unione europea. In questo modo intendiamo finanziare ricerca, stage e borse di studio. Ci piacerebbe, insomma, dare alla ricerca sugli Esg le risorse che oggi mancano. Se misuriamo un fenomeno siamo in grado di farlo crescere ma parliamo di teoria, aspetti che possono essere valutati per quello che realmente sono, misurati e, all’occorrenza, modificati.
Raffaela Ulgheri
Alfredo MorroneCircular Economy NetworkCircular Value FundEsg European InstituteEugenio RazelliKonstantinos SergakisLaura CavatortaLetizia MacrìLuca Dal FabbropersonaggiRoberta MorosinSnam