L'allarme della coalizione Cambiamo Agricoltura
Una Pac più green contro il climate change
L’agricoltura è una delle principali fonti di inquinamento ambientale, la maggiore responsabile della perdita di biodiversità e sul banco degli imputati anche per quanto riguarda i cambiamenti climatici, subito dopo il settore di produzione dell’energia. Lo spiega, dati alla mano, Franco Ferroni, responsabile agricoltura e biodiversità del Wwf, nel corso del webinar “Il cambiamento climatico nel futuro della Pac” organizzato da Kyoto Club.
Durante l’incontro virtuale, sono state affrontate le responsabilità dell’agricoltura nel cambiamento climatico e si è ragionato su come il settore deve cambiare per diventare veramente sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Inoltre, Ferroni ha evidenziato quale dovrebbe essere il contributo della Politica Agricola Comune (Pac) nel post 2020, e come la coalizione Cambiamo Agricoltura, composta da oltre 70 associazioni ambientaliste e del mondo del biologico, stia facendo pressione affinché le istituzioni europee integrino i principi del Green Deal e delle strategie Farm to Fork e Biodiversity 2030 nel prossimo periodo di programmazione 2021-2027.
L’agricoltura e i cambiamenti climatici
Secondo i dati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), il 23% delle emissioni globali dipendono dell’agricoltura, ma i dati dell’Ispra ridimensionano il contributo dell’Europa (8,72% dei gas climalteranti eseguiti dall’agricoltura) e dell’Italia (7% ma solo perché il nostro Paese esporta emissioni). Nello specifico, l’agricoltura è responsabile dell’emissione di metano, protossido di azoto e ammoniaca, che hanno un forte impatto sui cambiamenti climatici e, nel caso dell’ammoniaca, sulla produzione del particolato atmosferico pm10.
Tuttavia, come mostra un recente report del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc), se l’agricoltura da una parte è tra i principali responsabili, dall’altra è anche uno dei settori che maggiormente subisce gli effetti del cambiamento climatico, che colpiranno il settore su più livelli e su larga scala, stando alle previsioni di Cmcc.
L’agroecologia come soluzione
La risposta di Wwf Italia a queste problematiche è un ripensamento complessivo dei processi produttivi del settore primario in chiave agroecologica, per attuare pratiche agricole che puntano ad aumentare la resilienza e la stabilità delle aree destinate all’agricoltura. «Per poter parlare di agricoltura sostenibile secondo un approccio agroecologico, cioè capace di dare risposte a problemi complessi come i cambiamenti climatici o la perdita di biodiversità, a nostro avviso, bisogna seguire tre principi guida», spiega Ferroni. «E devono essere garantiti tutti e tre, non basta solo il miglioramento di uno dei parametri».
I parametri di riferimento sono molto ambiziosi, in linea o più esigenti, rispetto agli obiettivi delle strategie promosse dalla Commissione Europea Farm to Fork e Biodiversity 2030. Prevedono di ridare spazio alla natura riservando il 10% di aree di interesse ecologico (Efa), all’interno delle aziende agricole; di ridurre l’uso della chimica di sintesi del 50% per i pesticidi e del 20% per i fertilizzanti; e di tutelare i cicli bio-geo-chimici della natura, in particolare il ciclo di carbonio, azoto, fosforo e acqua, raggiungendo a livello europeo una media del 25% di superficie agricola utilizzata (Sau) in agricoltura biologica e biodinamica. In particolare, il Wwf propone per l’Italia di raggiungere entro il 2030 almeno il 40% di Sau in biologico (attualmente è intorno al 15,8%).
Le critiche alla Pac
«Si usa molto l’argomento della sostenibilità economica in modo strumentale per minimizzare gli impegni che l’agricoltura dovrebbe assumere per dare un proprio contributo al contrasto ambientale. Ma non esiste sostenibilità economica senza sostenibilità ambientale, soprattutto nel lungo termine», ribadisce il responsabile del Wwf. «Per poter garantire la sostenibilità ambientale compensando i maggiori costi e i minori ricavi dovrebbe esserci un utilizzo virtuoso dei sussidi pubblici, in particolare attraverso l’utilizzo degli strumenti messi a disposizione dalla Pac». Tuttavia, secondo l’associazione la politica agricola comune è lontana dal dare risposta ai problemi del settore, anzi «le analisi condotte sull’utilizzo dei fondi della Pac hanno evidenziato ad esempio che per ogni milione di euro speso in agricoltura attraverso le risorse comunitarie si sono persi fino a cinque posti di lavoro».
Ferroni mette in luce che nei prossimi anni, tra i fondi destinati alla Pac (si parla del 32% del budget comunitario per il periodo di programmazione 2021-2027) e le risorse aggiuntive previste dal Next Generation Eu, si potrebbero dedicare risorse ingenti alla transizione verso l’agricoltura sostenibile. «La programmazione 2021-2027 doveva andare verso una maggiore sostenibilità ambientale, un aumento della resilienza ai cambiamenti climatici e una maggiore equità sociale. Queste erano le richieste fatte nella consultazione pubblica del 2017 indetta dalla Commissione Europea», spiega Ferroni. «Il problema è che il voto del Parlamento europeo del 23 ottobre e le decisioni che sono state assunte in parallelo dal Consiglio Europeo hanno demolito queste aspettative, demolendo di fatto il Green Deal applicato all’agricoltura».
La prima proposta di riforma della nuova Politica agricola comune, infatti, risale al 2018 e perciò non contemplava gli obiettivi del Green Deal. Per questo motivo si era creata una mobilitazione a livello europeo per spingere le istituzioni ad allineando i regolamenti della Pac con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, del Green Deal, delle due strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030. «Purtroppo non ci sarà una svolta green nella prossima Pac, né una Pac più equa perché l’80% delle risorse continuerà ad andare al 20% delle aziende agricole, favorendo le aziende agricole più grandi che praticano l’agricoltura intensiva», commenta il responsabile del Wwf. Qui entra in gioco la coalizione di movimenti ambientalisti europei che, insieme al mondo del biologico, hanno chiesto alla Commissione europea di ritirare la proposta e di ricominciare da zero, approfittando della proroga fino al 2023 dell’attuale programmazione.
Alessia Albertin
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