La prima tavola rotonda sui risultati di Igi 2019
ESG Conference, aprono Snam, Fnm e Sea
«Creare un’economia globale più solida che, in ultima analisi, migliori la prosperità e la sicurezza a lungo termine dei nostri clienti», così Sacha El Khoury, portfolio manager di Bmo, ha definito l’obiettivo centrale del processo di engagement della società. Una visione d’insieme con cui si sono aperti i lavori della Esg Business Conference, giornata di discussione e riflessione sui temi della governance aziendale alla luce dei risultati dell’Integrated Governance Index (Igi) 2019, che si è tenuta 13 giugno presso Palazzo Giureconsulti a Milano. «Gli obiettivi principali nel nostro engagement – ha ribadito El Khoury – sono il sostegno ai rendimenti a lungo termine e la mitigazione del rischio». E proprio a partire dalle istanze in tema di engagement avanzate da un investitore si sono articolate le riflessioni della prima tavola rotonda della giornata, che ha visto protagoniste tre aziende sul gradino più alto del podio in diverse classifiche di Igi 2019: Snam, che guida la top 10 dell’Integrated Governance Index; Ferrovie Nord Milano (Fnm) prima delle aziende quotate extra campione prime 100; e Sea, prima tra le non quotate. Chiamati a partecipare al dibattito su un argomento che, in quattro anni, ha visto un’evoluzione sia nelle chiavi di lettura sia nella partecipazione (stimolata anche dagli sviluppi normativi) delle aziende e delle figure professionali, anche altri esperti del settore che hanno dato il loro contributo al dialogo dal punto di vista dell’analisi aziendale, legale, finanziaria: Maria Pierdicchi, presidente di Nedcommunity; Antonella Brambilla, partner dello Studio Dentons e Stefano Cacchi Pessani, partner dello studio BonelliErede; Roberto Del Giudice, partner di Fondo Italiano Investimento Sgr (Fii).
INDEX, SPECCHIO DI UN PERCORSO AZIENDALE
L’index come specchio di un percorso di crescita messo in atto dalla società sui temi sostenibili ha visto un esempio importante nel risultato di Snam, che ha scalato di un gradino da Igi 2018 (dove era in seconda posizione): «Vogliamo essere leader nella transizione energetica, e quindi nel passaggio da una economia fossil a un’economia low carbon, e questo comporta un’attenzione particolare su tutti i pilastri Esg», ha confermato Rozemaria Bala, head of Corporate affairs and governance di Snam, che ha fatto leva sul lavoro del comitato sostenibilità, sia nel miglioramento della reportistica, sia nell’adezione alle raccomandazioni di framework internazionali (come la Task force on climate-related financial disclosures), ma anche nel far entrare i temi della sostenibilità in tutte le aree aziendali «come quella finanziaria, che ha emesso un climate action bond». In questo processo di continua integrazione si inserisce anche la «naturale evoluzione» del comitato di sostenibilità, trasformato lo scorso maggio in «comitato Esg». Elisabetta Tromellini, dirigente della Funzione Csr-Sostenibilità di Fnm, ha rilevato una maggiore attenzione ai temi anche a seguito dell’impulso dato dall’obbligo normativo della Dichiarazione non finanziaria «ma a livello di board la sfida era già attuale». Per questo motivo, nel 2017 era stata istituita la funzione Csr e sostenibilità. Anche il piano strategico aziendale ha visto un’integrazione con un piano di sostenibilità 2020, passaggio importante anche perché «quello di Fnm è il primo esempio di piano di sostenibilità nel settore dei trasporti». Le infrastrutture si confermano un’area di presa di coscienza e sviluppo anche tra le non quotate. Sebastiano Renna, head of Corporate social responsibility di Sea ha fatto il punto sulle azioni future della società anche in merito al prossimo business plan «che incorporerà nel piano di sostenibilità anche un passaggio di confronto e dialogo con gli stakeholder». Il discorso delle infrastrutture aeroportuali riguarda anche la specificità del soggetto che compete a livello internazionale come “sistema integrato”. E questo porta alla necessità di assumere un’identità basata sempre più su temi sostenibili. Ma nella discussione sul tessuto industriale e produttivo italiano non si può omettere la sua specificità, ossia la presenza, preponderante, di Pmi non quotate. Mondo in cui le «riflessioni sulla sostenibilità vengono fatte, ma poco a livello concreto», come ha sottolineato Del Giudice di Fii. Molte aziende italiane spesso non hanno un cda, o se lo hanno, si riuniscono in situazioni “precarie”. «Queste aziende sono molto attente agli Esg anche perché radicate nel territorio», però sfuggono alle classificazioni e ai rating.
DIBATTITO APERTO SU PIÙ FRONTI
Una realtà in movimento e un dialogo con più fronti aperti. Di conseguenza non è facile definirne i contorni. Lo ha rilevato anche, Brambilla di Dentons, che ha citato la recente decisione di Bankitalia come esempio di un cambiamento che non riguarda soltanto privati e società, ma permea la natura delle istituzioni stesse. E i risultati sono già evidenti nel privato, «nel momento stesso in cui c’è un commitment del board con le tematiche Esg, a cascata tutte le strutture della società e i piani di crescita industriali migliorano di pari passo. In particolare, in relazione ai profili di rischio». Da qui il passaggio al ruolo degli amministratori che si trovano a fare i conti con una «progressivo spostamento degli Esg da fattore esterno a elemento che integra, sul piano interno, le norme e le regole di governance», così come sottolineato da Cacchi Pessani di BonelliErede. Gli Esg, insomma, una volta integrati nelle strategie aziendali concorrono a «plasmare e definire qual è davvero l’interesse sociale e i doveri degli amministratori». Il risultato ultimo di questo processo è che «al di là dell’evoluzione normativa (come quella spinta dalla Dnf) si radica nel diritto della società un dovere dell’amministratore di curare i parametri Esg», che arriva a prescindere «dalle singole regole e dalle singole giurisdizioni in cui la società opera».
È ritornato, poi, a parlare della consapevolezza Esg nel mondo dei risultati aziendali l’intervento di Pierdicchi che ha approfondito i vari livelli di complessità con cui si deve confrontare il board e la necessità di contrastare i limiti di quello che definisce un “compliance approach”, per cui c’è una risposta a una nuova normativa (ad esenpio la Dnf), ma senza un coinvolgimento col piano strategico del board. «Il primo passo è spingere verso una visione integrata del piano strategico», ha ribadito Pierdicchi, che ha spostato l’attenzione anche sull’importanza del lavoro interconsiliare, il coivolgimento nei processi di mapping e di stakeholders engagement, ma anche nell’introduzione costante degli indicatori di lungo termine non solo nell’analisi dei rischi, ma anche nei piani di remunerazione. «L’altro tema su cui stiamo lavorando – ha concluso – è quello di aumentare il dibattito sulla gestione degli intangibili: il capitale umano, il capitale naturale, quello reputazionale e la proprietà intellettuale».
Raffaela Ulgheri
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