Pir, persa un’altra chance per renderli Sri. E il rating di legalità?
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’8 maggio il Decreto di attuazione della nuova disciplina dei Piani Individuali di Risparmio (Pir) introdotta dalla legge di Bilancio 2019. Secondo quanto stabilito dalla norma primaria, riporta la newsletter Febaf, i Pir sottoscritti a partire dal 1° gennaio 2019, nell’ambito del 70% dell’investimento riservato ad “investimenti qualificati”, devono essere caratterizzati da nuove categorie d’investimento. In particolare devono investire in: strumenti finanziari ammessi su sistemi multilaterali di negoziazione emessi da Pmi, per almeno il 5% degli investimenti qualificati (il 3,5% del piano complessivo); e per la stessa quota in quote o azioni di fondi per il venture capital che investano almeno il 70% dei capitali raccolti in Pmi.
Il tanto atteso Decreto non ha cambiato le valutazioni del mercato, in merito alla fattibilità delle nuove disposizioni. Disposizioni bocciate anche da Banca d’Italia che sottolinea l’incremento di rischiosità della riforma Pir.
La cosa da rilevare è che, nel delineare la tipologia di Pmi investibile, si è posto attenzione unicamente a criteri quantitativi (dimensionali). Viceversa, si sarebbe potuto introdurre qualche paramentro qualitativo, a cominciare da quelli Esg. Per esempio, sarebbe stato agevole (e sinergico), richiedere almeno il rating di legalità.
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