Le cinque maggiori compagnie petrolifere e del gas, quotate in Borsa, spendono quasi 200 milioni di dollari all’anno per esercitare pressioni per ritardare, controllare o bloccare le politiche volte ad affrontare il cambiamento climatico. Lo rileva il report “How the oil majors have spent $1Bn since Paris on narrative capture and lobbying on climate” pubblicato a marzo da Influence Map e citato nella rassegna stampa di ETicaNews l’Occhio sostenibile della settimana/172. Chevron, Bp ed ExxonMobil sono indicate come le principali aziende leader nel lobbying diretto contro una politica climatica che affronti il riscaldamento globale e i social media la piazza migliore per questa strategia. Nell’imminenza delle elezioni di medio termine degli Stati Uniti, lo scorso anno, i giganti mondiali dell’oil&gas hanno speso circa 2 milioni di dollari su Facebook e Instagram con annunci mirati che promuovevano i benefici di una maggiore produzione di combustibili fossili. Separatamente, Bp ha donato 13 milioni di dollari a una campagna, sostenuta anche da Chevron, che ha fermato con successo una carbon tax nello stato di Washington (di cui 1 milione è stato speso in annunci sui social media, come dimostra la ricerca).
Se è vero infatti che le cinque grandi gruppi citati stanno spendendo fondi per supportare campagne per combattere il climate change, il report afferma che queste campagne sono fuorvianti per il pubblico: mentre le aziende supportano pubblicamente l’urgenza di un’azione, stanno invece aumentando gli investimenti per aumentare l’estrazione di petrolio e gas. In altre parole, c’è un evidente gap tra le parole e le azioni. Secondo quanto riporta il Guardian, Shell e Chevron hanno dichiarato di essere in disaccordo con le conclusioni del report ribadendo il loro impegno nella lotta al climate change.
BpChevronExxonMobilInfluence MaplobbynormativaRoyal Ducht Shell