analisi (fisica e finanziaria) di un gestore bnp paribas ip
Perché investire con meno Co2
«La questione del surriscaldamento globale indotta dai gas serra è una problematica che i fisici conoscono da almeno un paio di secoli. Allo stesso modo, gli scienziati hanno ormai preso consapevolezza dell’importanza del problema delle emissioni di Co2 e delle loro conseguenze. Una lista di paper recenti può essere trovata nel sito web dell’istituto di Fisica, del quale sono ancora membro». Chi parla è un gestore di Bnp Paribas Investment Partner in un intervento pubblicato recentemente sul sito del gruppo francese. L’autore propone un’analisi che, partendo dalle statistiche scientifiche del problema, con lo stesso approccio si interroga sulle sue conseguenze (e valenze) finanziarie. E illustra le modalità con cui Bnp Paribas IP le ha affrontate e le sta affrontando nelle sue politiche di investimento.
Anche i politici, scrive il fund manager, stanno cominciando a prendere la tematica più seriamente, come dimostra la recente Convention sul Clima di Parigi. «Sebbene – precisa – forse, non abbastanza seriamente».
IL PREZZO DELLE EMISSIONI
Il primo punto di natura finanziaria che l’intervento considera è il prezzo delle emissioni di Co2. Dal punto di vista di un investitore, la questione chiave è: qual è il prezzo giusto? Il gestore di Bnp Paribas IP fa riferimento a un recente paper di Bob Litterman, meglio conosciuto per il suo lavoro con Fisher Black sull’ottimizzazione di portafoglio.
Il paper mette in luce due generi di difficoltà: l’inusuale lungo periodo di tempo prima che i danni ambientali divengano apparenti; la relativa incertezza associabile alla potenziale realizzazione di uno scenario low-probability – high damage. Secondo Litterman, data questa possibile inimmaginabile e ingestibile catastrofe, è giustificabile un approccio cauto, che cioè ponderi maggiormente i costi della catastrofe rispetto ai benefici di una crescita futura. Le emissioni di Co2 dovrebbero essere prezzate non meno, e forse anche in misura maggiore, rispetto a una ragionevole stima del valore attuale dei danni futuri attesi, consentendo al prezzo di reagire a nuove informazioni nel momento in cui venissero conosciute. Litterman, tuttavia, conclude che questo non è chiaramente il caso odierno: invece di tassare le emissioni di Co2, nel solo 2011, sussidi per 532 miliardi di dollari hanno spinto le emissioni di anidride carbonica a un totale di 33.376 gigatonnes.
PORTAFOGLI DECARBONIZZATI
Questi scenari, scrive il gestore di Bnp Paribas IP, hanno cominciato ad allarmare gli investitori. I player finanziari stanno imparando a prendere i rischi sul clima più seriamente. E termini come “stranded assets” e “decarbonization” sono recentemente entrati nel gergo finanziario. Perciò si assiste a iniziative come la Portfolio Decarbonization Coalition (PDC), un progetto multi stakeholder (di cui Bnp Paribas Investment Partner è firmatario) che punta a ridurre le emissioni di gas serra, attivando e coordinando gli investitori istituzionali impegnati in una progressiva decarbonizzazione del proprio portafoglio.
Un portafoglio di investimenti può essere decarbonised riducendo o ritirando il proprio capitale dalle società più carbon-intensive, e reimpiegandolo in aziende carbon-efficient nello stesso settore. Un’attività di azionariato attivo targetizzata può stimolare un processo di decarbonizzazione. Quando gli investitori istituzionali, in particolare quelli di maggiore dimensione, iniziano un’attività di engagement e anche di riallocazione del capitale sulla base delle emissioni di una società, questo si traduce in un forte incentivo per quella società a ricanalizzare i propri investimenti verso attività, asset e tecnologia low-carbon, rispetto a quelle carbon-intensive
LE STRATEGIE DI BNP PARIBAS IP
Bnp Paribas Investment Partners, spiega il gestore del gruppo francese, sta decarbonizzando i portafogli da un certo numero di anni, grazie all’aiuto del team di analisti in Social responsible Investments (SRI). Questo processo non vale solo per i fondi SRI gestiti da questo team, ma anche per alcuni degli index fund gestiti da THEAM.
Più recentemente, il gruppo ha esteso l’approccio low-carbon alle equity multi-factor strategies gestite da THEAM. Queste strategie attive di stock-picking utilizzano valore, qualità, momentum e low risk factors per generare rendimenti in eccesso rispetto a quelli di un investimento pure index, oltre che più alti Sharpe ratios. Sebbene ancora a livello embrionale e non ancora “finanziate”, le versione decarbonizzate delle equity multi-factor strategies sono disegnate per ottenere la stessa performance delle loro “sorelle sporche”. È possibile ridurre della metà il livello di carbonio nelle versioni decarbonizzate rispetto a quanto si trova nei rispettivi benchmark, senza sacrificare la performance. Il processo di investimento, basato sull’ottimizzazione (descritto in modo esteso nel paper “An integrated risk-budgeting approach for multi-strategy equity portfolios” pubblicato nel Journal of Asset Management – March 2014) è basato su un modello che controlla in modo efficiente i “fattori exposures” e cattura i “fattori premium” anche quando viene applicato un set di vincoli di portafoglio, come in questo caso i limiti sulle emissioni di carbonio.
Sebbene ancora unfunded, la performance teorica della più pulita, decarbonizzata, equity multi-factor strategy ‘THEAM DEFI Decarb50 / Global Low Carbon’ può essere seguita sul sito amLeague.