Anche il non profit sdogana il modello B Corp

29 Feb 2016
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Venerdì scorso è stato organizzato, presso Fondazione Eni Enrico Mattei (Feem), il convegno “Società Benefit: Integrazione e Valore Condiviso”. Il segnale forte che arriva dal convegno, al quale hanno preso parte i soggetti di riferimento delle B Corp in Italia (vedi la twittercronaca realizzata da ET. con hashtag #societàbenefit), è che l’organizzazione porta la firma (oltre al media partner Vita Magazine) di Aiccon, ossia dell’Associazione Italiana per la promozione della Cultura, della Cooperazione e del Nonprofit.

Perché il messaggio è forte?

Per capirlo occorre ritornare al 20 novembre scorso, quando, a poche ore dall’approvazione in Senato di una Legge di stabilità in cui era stata inserita la prima normativa europea sulle Benefit Corporation, il Forum nazionale del terzo settore si chiedeva «di cosa si tratti, ma soprattutto quando e da dove sia saltata fuori tale nuova forma giuridica» (vedi articolo “B corp, le carneadi del terzo settore”).

La partita, dietro le quinte, è enorme. Mentre continua ad annaspare la riforma del Terzo settore e della impresa sociale tradizionale, all’orizzonte si profila una formula d’impresa profit capace di integrare nel proprio dna quella Csr (responsabilità sociale) che ne fa il soggetto chiave di un modello socio-economico sostenibile. Al punto che il principale ente finanziario del terzo settore, Banca Prossima, ha già rimodulato il proprio statuto per cominciare a concedere finanziamenti non solo a soggetti non profit, bensì a ogni impresa sociale che sia attiva come tale. A cominciare, appunto, dalle B Corp (cosa che Banca Prossima di prepara a divenire da mesi).

Aiccon, di fatto, ha sdoganato la B Corp nel mondo dell’impresa sociale e cooperativa non profit. Un passaggio forse inevitabile, ma comunque coraggioso.

 

 

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