report del Rutgers university Institute

Così gli Usa esportano l’employee ownership

20 Nov 2024
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L'Employee Stock Ownership Plan (Esop) Usa impatta positivamente sui dipendenti delle multinazionali, anche quelli non residenti in America. E impatta sul funzionamento dell'azienda. Sul tema, un'analisi del Rutgers University Institute for the Study of Employee Ownership e della Employee-owned S Corporations of America (Esca)

Gli Employee Stock Ownership Plan (Esop) statunitensi, ovvero i Piano di proprietà azionaria per dipendenti, contano più di 10 milioni di partecipanti in più di 6mila aziende Usa. Sono vantaggiosi sia per i dipendenti americani, poiché garantiscono ricchezza finanziaria nel tempo e sono associati a maggiori benefit, formazione e partecipazione dei lavoratori, sia per le aziende che li adottano (aziende Esop), specialmente quando l’azionariato dei dipendenti poggia su un supporto di cultura aziendale secondo cui i lavoratori hanno «voce in capitolo» e si sentono «veri e propri partner dell’azienda» (“cultura proprietaria”).

Un approfondimento sull’impatto internazionale degli Esop è proposto nello studio “Ownership Beyond Borders: New Research on S ESOPs with International Workers”, pubblicato a giugno 2024. La ricerca è stata svolta dal Rutgers University’s Institute for the Study of Employee Ownership and Profit Sharing, e commissionata dall’Employee-Owned S Corporations of America (Esca), organizzazione rappresentativa delle S Corporations, cioè «società che scelgono di trasferire il reddito societario, le perdite, le deduzioni e i crediti ai propri azionisti ai fini dell’imposta federale».

Il paper risponde a tre domande: i dipendenti internazionali (non-statunitensi) traggono vantaggio dal lavorare per aziende statunitensi con un Esop? In che modo le aziende multinazionali con Esop beneficiano dall’estendere la loro cultura della proprietà a livello globale? Le aziende con Esop includono i dipendenti internazionali nella proprietà azionaria o in opportunità analoghe alla proprietà?

La sicurezza economica è il principale vantaggio che i dipendenti internazionali traggono dalla partecipazione a un Esop, in particolare un saldo totale del conto pensionistico più che doppio rispetto a quello del lavoratore americano medio. Il risultato è il medesimo anche nel caso in cui i lavoratori non-statunitensi dell’azienda non partecipino all’Esop americano, ma ai piani alternativi offerti dalla S corporation a livello internazionale. In parallelo, «le società multinazionali Esop traggono vantaggi competitivi nei mercati internazionali»: i piani Esop beneficiano le aziende sui fronti dell’impegno, della produttività dei dipendenti, e del recruitment. Infatti, la cultura dei «dipendenti-proprietari» (employee-owners) incide sul mindset e sull’orgoglio che i lavoratori hanno per il proprio lavoro, che contribuisce a migliorare la qualità della performance. E può essere un incentivo a farsi assumere e rimanere in una determinata azienda, non solo per via del vantaggio economico, ma anche per l’esperienza di integrazione nelle attività aziendali che la ownership può offrire: formazione, viaggi, conoscere nuove persone di altri Paesi, dato che si tratta di aziende internazionali. L’insieme di questi fattori contribuisce poi alla reputazione aziendale: «In un momento in cui molti consumatori sono molto attenti alla corporate social responsibility (Csr), essere conosciuti come un’azienda “employee-owned” può essere vantaggioso».

Il report dedica anche una sezione ai metodi di «inclusione diretta di dipendenti non-statunitensi negli Esop» da parte delle multinazionali, che è resa difficile da barriere legali, normative, culturali: «Mancanza di chiarezza statutaria o normativa; trattamento fiscale sfavorevole delle assegnazioni di azioni da parte di governi stranieri; conflitti con le leggi straniere sul lavoro; conflitti con le leggi straniere sui titoli; differenze culturali tra Paesi».

Nonostante tali difficoltà, i dirigenti impiegano strategie alternative per garantire ai dipendenti non-statunitensi una forma di ownership dell’azienda. Un esempio è l’offrire «azioni sintetiche sotto forma di azioni fantasma o di diritti di rivalutazione delle azioni (stock appreciation rights, Sar)». Le prime consistono in una una “promessa” da parte di un’azienda di effettuare un pagamento in contanti a una data futura per un importo che dipende dal valore delle sue azioni in quel momento. Sono «sintetiche» – spiega il paper – nel senso che non vi è alcun diritto a ricevere azioni reali. Le Sar, invece, sono una «promessa di pagamenti futuri in contanti» e a differenza delle azioni fantasma funzionano in modo simile alle stock options: il pagamento cash dipende dall’aumento incrementale del valore del prezzo delle azioni della società tra la data di assegnazione e la data di esercizio. Una seconda strategia in alternativa alla partecipazione agli Esop statunitensi sono le partecipazioni agli utili in contanti (“cash profit-sharing”): le società possono scegliere di legare la retribuzione dei dipendenti non-statunitensi alle prestazioni dell’azienda attraverso bonus di partecipazione agli utili in contanti. Alcuni altri Paesi ricorrono invece a meccanismi alternativi per l’azionariato dei dipendenti, di cui le aziende possono avvalersi laddove presenti e che presentano vantaggi come «ridurre al minimo i problemi di conformità alle leggi locali in materia fiscale, di lavoro e di titoli, e sbloccare l’ammissibilità ai programmi di incentivi locali – crediti d’imposta, diritti di offerta preferenziali per i contratti governativi».

Sofia Restani

 

 

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