L'apertura dopo le critiche

Naming, Esma valuta “chiarimenti”

17 Ott 2024
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L’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati sta considerando di emettere un chiarimento alle sue nuove regole sulla denominazione dei fondi Esg dopo che sono state sollevate preoccupazioni sul potenziale impatto, in particolare sul mercato delle obbligazioni verdi e di transizione

Fatta la legge, trovato l’inganno. O in questo caso l’inghippo. Le nuove regole sulla denominazione dei fondi Esg, pubblicate dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma) il 14 maggio (leggi l’articolo “Ridisegnati i nomi dei fondi, ufficiali le linee guida Esma”), hanno già sollevato abbastanza critiche e preoccupazioni da indurre il regolatore a considerare di pubblicare ulteriori indicazioni sulle sue linee guida. Nei mesi successivi alla pubblicazione, infatti, ci sono state diverse previsioni sull’impatto delle nuove regole, che entreranno in vigore entro la fine dell’anno per i nuovi fondi e il prossimo anno per quelli già esistenti. In particolare, l’apertura dell’Authority è arrivata dopo che sono state sollevate preoccupazioni sul potenziale impatto delle regole sul mercato delle obbligazioni verdi.

Come anticipato dalla rassegna sostenibile di questa settimana (OB/ 387 “Fondi Esg, Esma pronta a chiarire le nuove regole”), il regolatore ha smentito le ricostruzioni secondo cui le nuove regole limiteranno i finanziamenti di transizione. Tuttavia, sta valutando se sia necessario emettere un chiarimento su questo aspetto delle norme. Secondo le nuove regole, infatti, i fondi con termini Esg nel nome saranno tenuti a implementare schermi di esclusione in linea con i Paris-aligned Benchmark (Pab) o i Climate Transition Benchmarks (Ctb) dell’Ue. Gli investitori sono preoccupati soprattutto per l’esclusione dei green bond emessi dalle società di utility.

«Stiamo valutando se possa essere necessario fornire un chiarimento su questo argomento», ha confermato Patrik Karlsson, senior policy officer per la gestione degli investimenti presso Esma, a Responsible Investor. Sulla questione specifica che le nuove regole potrebbero danneggiare i finanziamenti per la transizione, Karlsson ha ragionato: «Perché un fondo che si definisce sostenibile o verde dovrebbe investire in utility che violano le esclusioni Pab? Si potrebbe argomentare che è una questione di transizione e gli investitori le stanno aiutando a passare a una generazione di elettricità a minore intensità di carbonio. La nostra ovvia risposta a questo argomento è che allora il fondo dovrebbe definirsi un fondo di transizione».

ESCLUSIONI NEL MIRINO

Le nuove regole dell’Esma stabiliscono che i fondi con termini relativi alla sostenibilità nel loro nome saranno tenuti a implementare schermi di esclusione in linea con i Paris-aligned Benchmark (Pab) o i Climate Transition Benchmarks (Ctb). Le regole di esclusione Pab sono principalmente mirate alle violazioni delle norme e all’esposizione alla produzione di combustibili fossili. Mentre gli schemi di esclusione Ctb che i fondi esclusione dovranno implementare sono meno rigorose. In pratica, secondo le regole, i fondi che utilizzano termini come “verde”, “ambientale” o “impatto” nei loro nomi non potranno investire in petrolio, gas, carbone e nelle società elettriche più inquinanti.

Il problema segnalato da diversi investitori e associazioni è che molte utility e società di produzione di energia elettrica emittenti di obbligazioni verdi non passerebbero questi criteri di esclusione. In particolare, secondo i dati Lseg, le società energetiche rappresentano un quinto del mercato globale delle obbligazioni verdi e hanno emesso oltre 70 miliardi di dollari quest’anno. Per questo motivo, alcuni organismi commerciali del settore e gestori di fondi affermano che le nuove regole potrebbero limitare gli investimenti sostenibili impedendo alle aziende dei settori ad alte emissioni di finanziare progetti come le energie rinnovabili. Anche l’European Fund and Asset Management Association ha segnalato che escludere queste società dai fondi che si definiscono sostenibili potrebbe aumentare il loro costo del capitale, ostacolare il finanziamento di progetti chiave e rallentare la transizione energetica.

Questi timori hanno trovato, in parte, conferma in alcune ricerche uscite nei mesi successivi alla pubblicazione delle nuove regole Esma. Come ad esempio l’analisi di Clarity AI che ha stimato che circa il 55% dei fondi che rientrano nell’ambito delle regole, pari a 282 obbligazioni di 26 diversi emittenti, ha almeno un investimento in violazione (leggi l’articolo “Fondi Esg in violazione delle nuove regole Esma”).

Alessia Albertin

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