il modello sostenibile detta la strada. con forza

Esg in transition

15 Lug 2024
Editoriali Companies & CSR Commenta Invia ad un amico
Una serie di indicazioni convincenti in chiave Esg caratterizza questo passaggio di semestre. Il mercato è in grado di riconoscere un sovrapprezzo agli approcci che misurano la sostenibilità futura. E, per le aziende, gli impatti Esg previsionali sono già un fattore

Inizio d’estate con sorprese. Qualche giorno fa, un importante gestore, di quelli con trilioni di Aum, ha sostenuto convinto la strategia di «adottare i criteri Esg solo se i clienti ce lo chiedono». All’opposto, il sole di luglio ha illuminato segnali che il sistema stia davvero iniziando a comprendere cosa significhi l’acronimo environmental, social e governance. Non solo gli operatori prendono atto (finalmente) che si tratta di un modello di valutazione più sofisticato dei precedenti (e non si tratta, quindi, di un’asset class da includere o meno a seconda delle richieste del cliente), ma il sistema recepisce che tale sofisticazione consente di esplorare il futuro con un numero progressivamente crescente di informazioni previsionali. Il modello Esg, insomma, consente non solo di misurare ciò che è oggi sostenibile, ma ciò che ha le potenzialità di esserlo nel futuro: per usare un termine di attualità, ciò che può contribuire alla “transizione”.

I SEGNALI ISTITUZIONALI

I segnali di uno spostamento verso il concetto di Transizione sono, innanzi tutto, istituzionali. Nei giorni scorsi, infatti, l’Institutional Investors Group on Climate Change (Iigcc) ha aggiornato il suo Net-zero Investment Framework, la guida alla decarbonizzazione più utilizzata dal settore finanziario. Queste nuove linee guida fanno un passo avanti gigantesco in termini concettuali: mentre sino a oggi proponevano di focalizzarsi sulle emissioni finanziate associate ai portafogli e ai prestiti (cioè, sulle emissioni esistenti), adesso suggeriscono di agire sulle emissioni future. Dal punto di vista operativo, l’aggiornamento sposta l’enfasi sul «finanziamento per ridurre le emissioni» piuttosto che sul «ridurre le emissioni finanziate» (vedi articolo Emissioni, non finanziarle non basta più).

UN MERCATO MATURO

Un segnale forte arriva anche da un mercato finanziario che, sugli Esg, si scopre assai più “maturo” di quanto fosse immaginabile. Secondo una recente ricerca firmata da Bfinance, infatti, oggi il sistema è già in grado di distinguere e dare valore ai differenti approcci Esg del gestore. Alle strategie di base, in termini di fee di gestione, gli operatori sono disposti a riconoscere un valore incrementale minimo rispetto ai prodotti che non considerano gli Esg. Viceversa,  il mercato è in grado di riconoscere un solido plusvalore, quindi commissioni più alte, alle strategie capaci di tener conto degli impatti, quindi degli effetti futuri delle scelte di sostenibilità delle aziende (vedi articolo “Caro” Esg, ma quanto (e perché) mi costi?).

DALLA TEORIA ALLA PRATICA

La crescita della consapevolezza Esg è solo teoria?

Al contrario. Sempre in queste ultime settimane sono arrivate soprese anche dal mondo reale. Già è stato analizzato, nell’editoriale di due settimane fa, il caso Lufthansa (Voli Lufthansa? Paghi la transizione), la quale ha iniziato a imporre dei rincari sui biglietti cercando di anticipare gli extra costi che gli obblighi di transizione renderanno tangibili nei prossimi anni. Una strategia, con pochi precedenti, di quantificazione e redistribuzione (clienti inclusi) degli oneri della sostenibilità futura.

Un altro caso emblematico è una sentenza in Uk di qualche settimana fa (vedi articolo Londra, sentenza storica contro i pozzi petroliferi). La Corte Suprema del Regno Unito ha annullato l’approvazione di un pozzo petrolifero, concessa nei precedenti gradi di giudizio. La cosa molto particolare, è che i giudici si sono pronunciati andando oltre le abituali valutazioni ambientali, focalizzate sull’impatto locale provocato dalla costruzione, dal funzionamento e dalla dismissione degli apparati industriali. Bensì, hanno accettato la tesi che quel pozzo porti anche un contributo in termini di emissioni di carbonio. Come dire: la specifica natura dell’attività petrolifera si traduce in un impatto più ampio di quello tradizionale, e questa capacità di emissioni future non può essere omessa al momento di presentare una richiesta di autorizzazione per nuovi pozzi.

Chi può escludere che tale valutazione non possa applicarsi, da qui in avanti, a ogni installazione industriale?

UN SECONDO SEMESTRE IN TRANSITION

Dunque, emergono sempre più chiari i fattori di rischio di natura Esg che ogni asset porta con sé. Allo stesso modo, questi fattori diventano opportunità quando anticipati e gestiti in maniera innovativa rispetto ai competitor. Tanto che il mercato sembra aver incorporato questi principi, al punto da richiedere (e sovraprezzare) ogni servizio capace di interpretare meglio le evoluzioni in arrivo sul fronte ambientale, sociale e di governance.

Ed è significativo che proprio sugli aspetti della transizione arrivino segnali importanti di risveglio del mercato Esg, con una serie di nuovi prodotti transition oriented firmati anche da parte dei big americani (i più “colpiti” dagli attacchi politici dei Repubblicani Usa). Addirittura, Blackrock nei giorni scorsi ha varato nuove linne guida di stewardship sulla “transizione”.

Nella seconda parte di questo 2024, il fenomeno non potrà che accentuarsi, anche in vista di importanti modifiche normative già indicate per il Sfdr.

Non a caso, il salone.SRI dei prossimi 18 e 19 novembre in Borsa Italiana porta il titolo “La forza della Transizione Esg”. E il numero 12 della ESG Business Review, porta il titolo “Transizione, Esg visti dal futuro”.

Ne manderemo un paio di copie in omaggio al gestore che utilizza i criteri Esg solo se il cliente lo chiede.

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