Consultazione Sfdr, online la relazione di sintesi
Lo scorso 3 maggio la Commissione Ue ha pubblicato la relazione di sintesi in merito alle risposte pervenute sulla consultazione (pubblica e target) in merito alla valutazione del regolamento Sfdr.
La consultazione ha ottenuto 324 risposte alla consultazione target, e 51 risposte alla consultazione pubblica (che includeva la sezione 1 e 2 della target).
Leggi l’intero approfondimento sul tema su ESG Business Review N11 (scarica la Review; scarica l’articolo).
Come evidenziato nel documento, i punti chiavi emersi sono i seguenti:
Ampio sostegno agli obiettivi generali del Regolamento Sfdr, ma pareri discordanti sulla misura in cui il regolamento ha raggiunto tali obiettivi nei primi anni di attuazione: l’89% degli intervistati ritiene che l’obiettivo di rafforzare la trasparenza attraverso l’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari sia ancora attuale. Inoltre, il 94% degli intervistati concorda sul fatto che la scelta di un disclosure framework a livello europeo sia più efficace delle misure nazionali a livello di Stati membri. Tuttavia, il 77% degli intervistati ha anche evidenziato i principali limiti del quadro normativo, come la mancanza di chiarezza giuridica riguardo ai concetti chiave, la scarsa rilevanza di alcuni requisiti di disclosure e i problemi legati alla disponibilità dei dati. Secondo molti intervistati, questi limiti hanno ostacolato l’efficacia e l’utilizzabilità del quadro normativo.
Consenso sulla necessità di garantire la coerenza nell’ambito del più ampio Sustainable Finance framework: molti intervistati hanno individuato problemi di interazione tra la Sfdr e la tassonomia dell’UE, la Csrd, le norme sulla sostenibilità previste dalla MiFID II e dalla Idd e dei Climate benchmark. Gli intervistati hanno dichiarato che questi disallineamenti comportano problemi di attuazione e costi operativi e hanno chiesto un ulteriore miglioramento della coerenza complessiva del quadro più ampio.
Pareri discordanti sulla rilevanza delle disclosure “entity level” dell’Sfdr: non c’è stato consenso sull’utilità delle informazioni a livello di entità sulle politiche retributive (39% a favore, 26% contro) e sugli impatti negativi sulla sostenibilità (31% a favore, 31% contro). Le risposte mostrano un certo sostegno agli attuali requisiti di trasparenza sulle sustainability risk policy (49% a favore, 15% contro). Molti hanno espresso preoccupazione per la potenziale sovrapposizione tra i requisiti di trasparenza sui principali impatti negativi previsti dalla Sfdr e gli obblighi di rendicontazione previsti dalla Csrd.
Sostegno alla definizione di requisiti informativi uniformi per tutti i prodotti finanziari offerti nell’UE, nonché di informazioni aggiuntive per i prodotti con claim di sostenibilità: il 56% degli intervistati ritiene che l’UE debba imporre obblighi di informativa standardizzati per tutti i prodotti finanziari, indipendentemente dalle loro dichiarazioni di sostenibilità, per garantire una concorrenza leale e migliorare la comparabilità. Tuttavia, gli intervistati contrari a questa proposta hanno sottolineato i costi associati e la potenziale mancanza di rilevanza di tali informazioni, che potrebbero non essere in linea con le strategie di investimento dei prodotti e persino fuorviare gli investitori creando rischi di greenwashing. Inoltre, il 55% degli intervistati concorda sul fatto che i prodotti che fanno dichiarazioni di sostenibilità dovrebbero fornire informazioni aggiuntive a sostegno delle loro affermazioni.
Forte sostegno a un sistema di categorizzazione volontario regolato a livello UE: un’ampia maggioranza degli intervistati ritiene che le categorie di prodotti di sostenibilità regolamentati a livello UE siano necessarie per un sistema di distribuzione efficiente basato sulle preferenze degli investitori in materia di sostenibilità (69%), per combattere il greenwashing (64%) e per facilitare la comprensione delle strategie e degli obiettivi di sostenibilità dei prodotti da parte degli investitori professionali (72%) e degli investitori retail (80%). Oltre il 70% degli intervistati ritiene che l’informativa da sola non sia sufficiente a raggiungere questi obiettivi.
Non c’è una chiara preferenza per uno dei due approcci proposti per un potenziale sistema di categorizzazione dell’UE: i pareri sono discordi sul fatto che tali categorie debbano essere basate su nuovi criteri, oppure che gli articoli 8 e 9 debbano essere convertiti in categorie formali di prodotti.
Sebbene le opinioni sull’approccio da adottare siano diverse, tra gli intervistati sono emersi principi comuni per le categorie e i criteri sottostanti:
(1) incentrate sugli investitori retail: La grande maggioranza degli intervistati ha sottolineato l’importanza che le categorie siano facilmente comprensibili per gli investitori retail. Hanno chiesto informazioni semplici e comparabili per aiutare gli investitori al dettaglio a comprendere gli obiettivi di investimento dei prodotti, le strategie utilizzate per raggiungerli e il monitoraggio delle performance ESG.
(2) Dimensione internazionale: pur riconoscendo che il pieno allineamento con i sistemi di categorizzazione dei Paesi terzi potrebbe non essere fattibile, la maggior parte degli intervistati ha sollecitato l’approccio europeo per consentire l’applicabilità a livello internazionale.
(3) Integrare il concetto transition finance: il 72% degli intervistati è decisamente favorevole alla creazione di una categoria specifica per i prodotti incentrati sulla transizione, con l’obiettivo di migliorare il profilo di sostenibilità degli asset in cui investono.
(4) Criteri Asset-neutral: gli intervistati hanno sottolineato la necessità che i criteri sottostanti siano neutri rispetto agli asset e applicabili a tutti i tipi di prodotti finanziari.
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