analisi di un fenomeno che cambia governance e hr
Trasparenza salariale, un must per la Gen Z
La pay transparency o trasparenza salariale sta diventando uno standard per la Gen Z. Il messaggio viene evidenziato dalla rivista americana Fast Company che racconta il fenomeno generato da Hannah Williams. Quest’ultima, omonima di una cantante soul, è una ex data analyst e appaltatrice governativa che ha avviato, dopo aver scoperto di essere sottopagata, un movimento di protesta e di cambiamento a favore delle informazioni sul salario. Al momento poi di cambiare azienda, ha fatto notizia chiedendo di essere retribuita almeno quanto la media, a pari titoli e responsabilità. La sua storia le ha consentito di diventare una regina dei social, con un format su TikTok (ora un team, e anche su altri canali social) chiamato “Salary Transparent Street” che in pochi mesi ha raggiunto milioni di follower. Oggi, è il simbolo della trasparenza salariale: LinkedIn, Glassdoor, Indeed, Monster, e ZipRecruiter: vogliono tutti collaborare con Williams.
«Molti – sostiene Williams – non si preoccupano nemmeno di candidarsi se non si indica un range salariale. Alla Gen Z interessa soprattutto essere compensata in modo equo. È meno interessata alla fedeltà. Credo che i lavoratori della Gen Z che entrano nelle aziende ora non pensino nemmeno di rimanervi nei prossimi cinque anni. Vedono tutto come un’opportunità per imparare e crescere, ma non come una destinazione finale. Ogni mossa è strategica per aiutarli ad arrivare al passo successivo. Cercano flessibilità. Cercano una retribuzione equa».
Seppur in assenza di una legge federale, negli Usa più di venti Stati hanno adottato proprie leggi di trasparenza salariale, non senza tentativi di raggiro da parte delle imprese e degli uffici, che spesso annunciano fasce contributive troppo vaste (per esempio: “Salario da 50k a 150k”) che di fatto annullava lo scopo della pay transparency.
ZipRecruiter ha pubblicato a ottobre il primo sondaggio annuale sui datori di lavoro, che fornisce un approfondimento sulle sfide, le motivazioni e le ultime pratiche di assunzione dei datori di lavoro negli Stati Uniti. Uno dei trend è la pay transparency: «Sta diventando una pratica standard per i datori di lavoro pubblicare le informazioni sugli stipendi nelle descrizioni dei posti di lavoro, ma determinare il numero giusto da pubblicare rimane una sfida. Quasi la metà dei datori di lavoro ha ridotto la retribuzione di alcuni ruoli nell’ultimo anno, ma 4 su 10 affermano di non essere in grado di coprire i posti vacanti ai livelli salariali attuali».
I datori di lavoro hanno riferito a ZipRecruiter che la retribuzione è il più importante elemento di differenziazione nelle assunzioni e che sentono la pressione dei candidati ad aumentare lo stipendio, con il 41% dei datori di lavoro che ha dichiarato che una posizione non è stata occupata negli ultimi 6 mesi perché i candidati vogliono un salario superiore a quello che l’azienda è disposta a offrire. Inoltre, il 75% dei datori di lavoro concorda sul fatto che la trasparenza retributiva li aiuti ad attrarre candidati di qualità. Il 61% ritiene che la trasparenza salariale renda più efficiente il reclutamento, “respingendo” l’application di candidati non adatti e prevenendo le delusioni post-offerta. Il 44% teme che la trasparenza provochi conflitti interni tra i dipendenti. Quando le condizioni del mercato del lavoro sono difficili, le aziende sono costrette ad aumentare le retribuzioni per attirare più candidati, e la trasparenza potrebbe rendere evidente la compressione salariale tra i nuovi assunti e i dipendenti con maggiore anzianità di servizio, creando malumori.
Fast Company suggerisce anche una strategia aziendale per adottare la pay transparency, sostenendo che la pratica possa migliorare gli sforzi di assunzione delle aziende, e di costruire un rapporto di maggiore fiducia con i loro dipendenti.
Le aziende dovrebbero sviluppare un processo che consenta ai dirigenti di prendere decisioni informate basate su dati affidabili e in tempo reale (e di rivederli regolarmente). Hr e decision-makers devono raccogliere i dati retributivi interni ed esterni, confrontare le retribuzioni di ruoli simili (interni ed esterni), e utilizzare i dati di benchmarking per comprendere le retribuzioni rispetto ai concorrenti del settore e alle aree geografiche di assunzione. Per poi stabilire un quadro coerente per prendere decisioni in materia di retribuzione, comunicandole ai propri dipendenti. La politica retributiva, per coerenza, dovrebbe riflettere la filosofia aziendale. E assicurarsi che i manager comprendano tutti gli aspetti del pacchetto retributivo dell’azienda, compresi i bonus, i benefit e gli aspetti non legati alla retribuzione (come la flessibilità o il lavoro da casa).
Sofia Restani
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