S&P: il climate change incide di più sul Pil dei Paesi meno avanzati
Il cambiamento climatico frena il Pil, e lo fa soprattutto nei Paesi più arretrati. Un’analisi condotta da S&P sui dati di 190 Paesi, infatti, mostra che un aumento della temperatura media annua di 1 grado Celsius per un solo anno risulta più dannoso per i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo che per le economie avanzate. S&P, si legge in una nota, ha rilevato che sette anni dopo tale aumento, il Pil pro capite è inferiore di 0,6-0,7 punti percentuali nei Paesi con temperature medie annue attuali di 22°C-24°C (principalmente nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo – Paesi Emde) rispetto a quelli con temperature medie di 15°C (Paesi con economie avanzate), a parità di altre condizioni.
Inoltre, prosegue la nota, S&P ha riscontrato perdite permanenti di reddito dovute alla riduzione della produttività e degli investimenti, con il settore agricolo che subisce un impatto a lungo termine. Quando le temperature annue sono in media di 24°C, il Pil pro capite dei Paesi meno pronti ad affrontare il cambiamento climatico rimane inferiore di 2 punti percentuali, mentre i Paesi più pronti non registrano perdite durature, a sette anni dallo shock termico di 1°C.
Negli ultimi decenni le economie si sono parzialmente adattate ai singoli aumenti di temperatura: la sensibilità del Pil agli shock termici è diminuita di circa il 30% negli ultimi 20 anni. Anche le risposte di politica macroeconomica di sostegno hanno aiutato le economie a riprendersi dagli shock climatici; una politica monetaria restrittiva sembra amplificare lo shock, mentre i bassi tassi di interesse reali sono associati a pochi danni
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